Rimborso Aliquota 12,5%: Come Presentare l’Istanza per le Crypto

Novembre 15, 2024

Criptovalute e Fisco: Aliquota Ridotta al 12,5%? Cosa Sapere per il Rimborso

Le criptovalute sono al centro di un acceso dibattito fiscale. La Legge di Bilancio 2023 ha introdotto importanti cambiamenti in tema di crypto, ma una presunta ambiguità normativa ha sollevato la possibilità che l’aliquota applicabile sia quella ridotta del 12,5% anziché il 26% sulle criptoattivià. Questo potrebbe aprire la strada a richieste di rimborso per i contribuenti che hanno già versato più del dovuto.

La Falla nella Normativa: Aliquota 12,5% o 26%?

Secondo l’interpretazione di alcuni esperti, le criptovalute rientrano tra gli strumenti finanziari indicati dall’Articolo 67 del TUIR, per i quali è prevista un’aliquota del 12,5%. Tuttavia, la Circolare dell’Agenzia delle Entrate del 27 ottobre 2023 chiarisce che sui redditi derivanti dalle criptoattività si deve applicare l’aliquota del 26%.

Questa apparente contraddizione potrebbe offrire ai contribuenti l’opportunità di richiedere un rimborso per la differenza del 13,5% di quanto versato. Per approfondire tutti i dettagli normativi su questa falla e comprendere meglio la situazione, puoi consultare il nostro articolo dedicato: Scopri di più sulla tassazione delle criptoattività e l’aliquota del 12,5%.

Dichiarazione 2023: È Possibile Applicare l’Aliquota del 12,5%?

No, al momento non è possibile applicare il 12,5% sui redditi da criptoattività. Come indicato nella Circolare del 27 ottobre 2023 e nelle istruzioni ufficiali dell’Agenzia delle Entrate, l’aliquota applicabile è fissata al 26%. Inoltre, gli stessi software dell’Agenzia delle Entrate non consentono di dichiarare un’aliquota diversa. Pertanto, qualsiasi tentativo di applicare il 12,5% comporterebbe inevitabilmente problemi di conformità

Il Rimborso è Garantito? Ecco Cosa Sapere

No, il rimborso non è garantito. Se l’Agenzia delle Entrate non risponde entro 90 giorni dalla presentazione dell’istanza di rimborso, si forma il cosiddetto “silenzio-rifiuto”. In questo caso, è necessario avviare un contenzioso legale contro l’Agenzia delle Entrate.

Solo in caso di contenzioso è importante considerare che potresti dover affrontare spese legali, pertanto, prima di procedere, valuta attentamente i costi e i benefici con un esperto.

Hai Versato il 26%? Scopri Come Richiedere il Rimborso

Se hai già versato l’aliquota del 26% sui redditi da criptoattività, hai diritto di presentare un’istanza di rimborso. È importante sapere che la normativa consente di richiedere il rimborso entro 4 anni dal pagamento

Come Presentare l’Istanza di Rimborso

  1. Verifica dei Dati nella Dichiarazione:
    • Se hai realizzato minusvalenze: Non è necessario richiedere il rimborso.
    • Se hai superato la soglia di 2.000 euro in plusvalenze e hai versato l’imposta del 26%: Hai diritto al rimborso. Tuttavia, tieni presente che la presentazione dell’istanza potrebbe richiedere tempo e comportare delle spese legali in caso di contenzioso. È importante valutare attentamente tutti i costi e benefici, preferibilmente con il supporto di un esperto.
  2. Preparazione della Documentazione Necessaria:
    • Modello Redditi PF con la distinta di presentazione.
    • Ricevuta del pagamento effettuato tramite F24, utilizzando il codice tributo 1715 (plusvalenze cripto).
    • Copia di un documento di identità valido.
  3. Compila l’Istanza di Rimborso: Specifica l’importo da recuperare (pari al 13,5% delle imposte versate) e allega i documenti richiesti.
  4. Invia la Richiesta all’Agenzia delle Entrate: Puoi presentare l’istanza tramite PEC oppure consegnarla fisicamente presso gli uffici competenti dell’Agenzia delle Entrate.

Tassazione Crypto in Italia: Aliquota Effettiva al 12,5%?

Novembre 11, 2024

Discrepanze Fiscali sulle Cripto-Attività: Aliquota al 12,5% o al 26%?

La tassazione delle plusvalenze generate da criptovalute in Italia è soggetta a un’aliquota diversa rispetto a quella standard applicata ad altri redditi finanziari. Secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore (link), l’aliquota sulle plusvalenze cripto sarebbe fissata al 12,5%, anziché al 26% applicato invece ai guadagni derivanti da altre forme di investimento finanziario.

Questa differenza è motivo di confusione per i contribuenti a causa di un disallineamento tra la normativa fiscale e le direttive pratiche fornite dall’Agenzia delle Entrate. Tale situazione rischia di generare un pagamento di imposte superiore al dovuto. Per i contribuenti che hanno già versato un’aliquota del 26%, esiste tuttavia la possibilità di richiedere il rimborso dell’importo eccedente, così da adeguare l’imposta effettiva a quella stabilita dalla normativa.

 

La Base Normativa della Tassazione sulle Criptovalute

L’Articolo 67 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) è il principale riferimento per definire la categoria dei “redditi diversi“, che include diverse tipologie di plusvalenze finanziarie, tra cui i guadagni ottenuti dalle operazioni su criptovalute.

Con la Legge di Bilancio 2023 (Legge 27 dicembre 2022, n. 197), è stata introdotta la nuova voce “c-sexies“, specificamente dedicata ai redditi derivanti da cripto-attività. Questa nuova classificazione chiarisce che le plusvalenze da criptovalute vengono trattate separatamente rispetto ad altre plusvalenze finanziarie.

La voce “c-sexies” recita:

 “Le plusvalenze e altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, se il guadagno complessivo supera i 2.000 euro per anno fiscale”

 

Evoluzione dell’Aliquota sulle Plusvalenze Finanziarie

Il percorso normativo sull’aliquota delle plusvalenze chiarisce perché per le cripto-attività si mantenga un’aliquota ridotta. Originariamente, il Decreto Legislativo 21 novembre 1997, n. 461, fissava l’imposta sostitutiva per le plusvalenze al 12,5%. Con il tempo, questa è stata aumentata per alcune tipologie di redditi:

  • 2011: Incremento al 20% per alcune plusvalenze finanziarie (DL 138/2011).
  • 2014: Ulteriore aumento al 26% (DL 66/2014)​​.

Tuttavia, questi incrementi si applicano solo alle categorie di redditi da “c-bis” a “c-quinquies” dell’Articolo 67 del TUIR, escludendo la nuova categoria “c-sexies” che include le cripto-attività. Di conseguenza, le plusvalenze da criptovalute continuano a rientrare nella fascia del 12,5%, nonostante alcune interpretazioni più recenti dell’Agenzia delle Entrate.

La conseguenza è che fino a nuove disposizione del legislatore, la tassazione sulle plusvalenze finanziarie è la seguente:

Tassazione crypto 12,5%

 

L’Aliquota del 26% e la Possibilità di Richiedere un Rimborso

Si evidenzia, quindi, un chiaro disallineamento tra la normativa attuale e le informazioni trasmesse ai contribuenti dall’Agenzia delle Entrate. Nonostante la legge sembri indicare diversamente, l’Agenzia ha comunicato, attraverso la circolare del 27 ottobre 2023, le istruzioni di compilazione del modello redditi e i software ufficiali, l’applicazione dell’aliquota del 26% per le plusvalenze da cripto-attività oltre la soglia dei 2.000 euro.

Pertanto, i contribuenti che hanno dichiarato e tassato i guadagni da cripto-attività al 26% non hanno commesso alcun errore, avendo seguito le indicazioni ufficiali fornite dall’Agenzia stessa.

Adesso, chi ha versato il 26% sui redditi da cripto-attività avrà la possibilità di richiedere un rimborso per la parte eccedente attraverso un’Istanza di rimborso.

Tasse Trading Srl: Supporto per la Dichiarazione e Richiesta di Rimborsi

In conclusione, i contribuenti che hanno applicato l’aliquota del 26% sui guadagni da cripto-attività non devono affrettarsi. L’Agenzia delle Entrate permette infatti di richiedere il rimborso per la parte eccedente con un’istanza valida per un periodo di 4 anni. Questo ampio margine temporale offre la possibilità di agire con calma e sicurezza.

Tasse Trading sta collaborando attivamente con esperti fiscali e legali per analizzare ogni dettaglio della normativa, così da fornire ai contribuenti tutta l’assistenza necessaria per attivarsi consapevolmente. Per approfondire tutti i dettagli sulla richiesta di rimborso e comprendere meglio la procedura, puoi consultare il nostro articolo dedicato: Scopri di più sulla richiesta di rimborso e le relative modalità.

 

Partita IVA e Trading

Ottobre 30, 2024

Guida Completa alla Partita IVA per il Trading in Italia

Con l’aumento delle persone che scelgono il trading online come attività principale o aggiuntiva, si pone spesso la domanda: serve aprire una Partita IVA per fare trading in Italia? La risposta dipende dal tipo di attività svolta e dal volume delle operazioni. In questa guida, analizzeremo quando è necessario aprire una Partita IVA, quali sono i regimi fiscali disponibili e come scegliere il corretto codice ATECO. Vedremo inoltre le imposte applicabili alle attività di trading e l’importanza di scegliere un broker adatto che supporti la gestione fiscale.

Partita IVA per il Trading: È Obbligatoria?

La necessità di aprire una Partita IVA per il trading dipende dal grado di continuità e professionalità con cui viene svolta l’attività. Per chi effettua operazioni di trading in modo occasionale e senza organizzazione strutturata, non è richiesto l’obbligo di Partita IVA: è possibile operare come persona fisica, senza particolari obblighi fiscali. Al contrario, chi opera come trader professionale, con una continuità elevata e con volumi di operazioni significativi, è considerato un imprenditore, e deve quindi aprire una Partita IVA per regolarizzare i guadagni.

Scegliere il Codice ATECO Corretto

Una volta deciso di aprire la Partita IVA per il trading, è fondamentale scegliere il codice ATECO appropriato, che identifica l’attività svolta. I codici più usati per i trader professionali sono:

  • 66.22.04 – “Attività di consulenza in materia di investimenti finanziari”: comunemente usato per trader individuali.
  • 66.19.21 – “Attività di intermediazione di prodotti finanziari esclusi i fondi comuni di investimento”: scelto da chi opera come intermediario.

Questi codici ATECO definiscono anche la categoria previdenziale a cui si è soggetti e permettono di identificare le corrette aliquote per la tassazione, oltre a eventuali agevolazioni fiscali.

Regimi Fiscali per i Trader: Regime Forfettario e Regime Ordinario

Regime Forfettario: Semplicità e Aliquote Ridotte

Il regime forfettario è un’opzione interessante per i trader che desiderano una gestione fiscale semplificata e che rispettano alcuni requisiti specifici. Questo regime prevede un’aliquota agevolata del 15% (ridotta al 5% per i primi cinque anni in presenza di determinate condizioni) applicata su una base imponibile determinata in percentuale. Per i codici ATECO del trading, il coefficiente di redditività è del 78%, quindi solo il 78% dei ricavi sarà tassato.

Per poter aderire al regime forfettario, bisogna rispettare i seguenti requisiti:

  • Un fatturato annuale inferiore a 85.000 euro.
  • Spese per collaboratori non superiori a 20.000 euro annui.

Questo regime elimina l’obbligo di versare l’IVA e semplifica la gestione delle imposte, rendendolo particolarmente vantaggioso per i nuovi trader o per chi mantiene un volume d’affari contenuto.

Regime Ordinario: Adatto ai Trader con Fatturati Elevati

Chi supera i limiti di fatturato previsti per il regime forfettario o preferisce gestire le proprie imposte con aliquote progressive, può optare per il regime ordinario. In questo regime, l’aliquota IRPEF varia in base al reddito e si applicano le imposte su tutta la base imponibile, senza coefficiente di redditività. Questo regime è più complesso, poiché richiede una contabilità ordinaria e l’applicazione dell’IVA, ma è ideale per chi ha un alto volume di affari.

Tassazione su Plusvalenze e Minusvalenze nel Trading

Un altro elemento chiave per i trader è la gestione di plusvalenze e minusvalenze. Le plusvalenze, ovvero i guadagni ottenuti da operazioni di trading, sono tassate con un’aliquota del 26%. Al contrario, le minusvalenze possono essere riportate negli anni successivi e utilizzate per compensare eventuali future plusvalenze, riducendo così l’impatto fiscale complessivo.

IVAFE: L’Imposta per i Conti di Trading all’Estero

Per i trader con conti presso broker esteri, è prevista l’IVAFE (Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie detenute all’Estero), applicata sul valore delle attività estere con un’aliquota dello 0,2%. Questa imposta va inclusa nella dichiarazione dei redditi annuale e si applica ai conti con un saldo medio annuo superiore alla soglia di esenzione. I trader devono prestare attenzione a includere l’IVAFE per evitare sanzioni da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Regime Amministrato e Dichiarativo: Scegliere il Broker Giusto

La scelta del broker può influire significativamente sulla gestione fiscale. Esistono due modalità principali di gestione fiscale per il trading:

  1. Regime Amministrato: Il broker, operando come sostituto d’imposta, applica direttamente le imposte sui guadagni del trader. Questo regime è offerto da broker italiani che trattengono le imposte alla fonte, rendendo la gestione fiscale molto semplice per il trader.
  2. Regime Dichiarativo: In questo regime, il trader deve calcolare e dichiarare autonomamente le imposte sui guadagni, registrando plusvalenze e minusvalenze nei quadri RT, RM e RL della dichiarazione dei redditi. Broker come Degiro offrono report dettagliati per agevolare la compilazione della dichiarazione.

Conclusione

Per chi intende fare del trading un’attività professionale in Italia, l’apertura di una Partita IVA e la scelta di un codice ATECO corretto sono essenziali per operare in modo conforme alle norme fiscali. Il regime forfettario rappresenta una scelta vantaggiosa per chi è all’inizio e cerca un’aliquota ridotta con una gestione semplificata. Per coloro che superano i limiti previsti dal forfettario, il regime ordinario diventa l’opzione più adatta, benché richieda una gestione fiscale più complessa.

Scegliere il broker che offra supporto fiscale adeguato è infine cruciale per semplificare la gestione degli obblighi tributari, specialmente per chi opta per il regime dichiarativo. Con una corretta pianificazione e la scelta del regime fiscale più adatto, il trading può diventare un’attività redditizia e sostenibile nel rispetto delle normative italiane.

 

Hai un conto trading e non sai come dichiararlo?

 

 

Dichiarazione e tasse Interactive Brokers

Ottobre 30, 2024

Come funziona la fiscalità di Interactive Brokers ?

Dichiarazione e tasse Interactive Brokers 1

Interactive Brokers è una piattaforma di trading online fondata nel 1978 con sede a Greenwich, Connecticut. L’attività di Interactive Brokers si estende a oltre 150 mercati in tutto il mondo.

La società è regolamentata dal SEC, la Securities and Exchange Commission, e dal CFTC, la Commodity Futures Trading Commission, oltre ad essere quotata al Nasdaq.

Inoltre, fa parte di NYSE, FINRA e Securities Investor Protection Corporation.

Per i clienti italiani e i clienti residenti nell’area dell’Europa occidentale, la società opera attraverso Interactive Brokers Ireland, regolata dalla Central Bank of Ireland.

 

Dichiarazione e tasse di IBKR

Il conto Interactive Brokers siccome è un conto deposito estero va sempre dichiarato nella dichiarazione dei redditi

Non vi sono soglie minime sotto le quali non dichiarare, è obbligatorio farlo anche se in perdita o se è stato effettuato un solo deposito.

Occorre quindi sempre compilare il quadro RW; inoltre, potrebbe essere dovuta l’IVAFE.

Altri quadri che occorre compilare possono essere l’RL, l’RM e l’RT.

 

Quali sono le tasse che potrebbero essere dovute sul conto IBKR?

  • 26% su plusvalenze da azioni, opzioni, futures, cfd, forex e valuta
  • 26% su interessi a credito, dividendi e ETF armonizzati
  • dal 23% al 43% per ETF non armonizzati
  • 0.2% imposta IVAFE

Le imposte si pagano sul netto delle plusvalenze e minusvalenze realizzate. Per realizzare una plusvalenza (prezzo di vendita > prezzo di acquisto) è necessario chiudere la posizione aperta

 

Interactive Brokers commissioni e costi

Interactive Brokers offre due tipi di piani di commissione, uno fisso e uno a livelli. I piani a commissione fissa includono una tariffa fissa per contratto che include tutte le commissioni. Invece, il piano di costi a livelli fornisce commissioni basse che diminuiscono all’aumentare del volume, ma include anche commissioni di borsa, di regolamentazione e di compensazione.

 

Piattaforme di trading di Interactive Brokers

Le piattaforme con cui dedicarsi al trading con Interactive Brokers sono:

  • ProRealTime
  • Client Portal
  • Trader Workstation
  • IBKR Mobile
  • Global Trader
  • API IBKR

 

Strumenti finanziari di IBKR

IBKR fornisce a trader istituzionali e professionali accesso diretto a servizi di esecuzione delle negoziazioni e di compensazione su un’ampia gamma di prodotti su scala globale, fra cui :

  • Azioni ed ETF
  • Opzioni
  • Futures e opzioni su futures
  • Valute Spot
  • Obbligazioni
  • Fondi Comuni
  • Hedge fund
  • CFDs
  • Criptovalute

Con Interactive Brokers i clienti possono operare scegliendo tra i diversi prodotti utilizzando un unico conto e con commissioni competitive.

 

Per la dichiarazione basta consegnare l’estratto conto di Interactive Brokers al commercialista o CAF?

No, purtroppo l’estratto conto non è adatto alla dichiarazione. Occorre effettuare l’elaborazione fiscale dei movimenti per poter inserire ogni voce al posto corretto e non rischiare errori con le conseguenti sanzioni da parte dell’Agenzia delle Entrate.

 

Quali sono le scadenze fiscali?

La scadenza per il versamento delle imposte è il 30 giugno (dell’anno successivo rispetto al quale si fa riferimento).

C’è poi la possibilità di versare le imposte (dopo il 30 giugno) entro il 30 luglio con una maggiorazione dello 0,40% su di esse.

La scadenza per l’invio della dichiarazione all’Agenzia delle Entrate è il 30 novembre.

Vuoi dichiarare in sicurezza il tuo conto Interactive Brokers? Contattaci per ricevere il tuo Modello Redditi precompilato!

 

Hai bisogno di aiuto? Contattaci in chat, per email a info@tassetrading.it

oppure

 

 

Glossario Agenzia Entrate: Cripto-attività

Ottobre 16, 2024

Breve introduzione ai fondamenti del mondo crypto

Tratto da: Circolare N.30/E 2023 Agenzia delle Entrate

Le definizioni diseguito riportate sono state elaborate sulla base delle informazioni
rinvenibili in dottrina e nei documenti e siti delle Autorità regolamentari (Banca
d’Italia e Consob) e delle organizzazioni sovranazionali (UE e OCSE) e non
assumono alcuna valenza giuridica ai fini in esame.

 

CASP (Crypto-Assets Service Providers)
Fornitori di servizi di cripto-attività.

Contratti per differenza (contracts for difference, CFD)
Strumenti derivati (diversi da opzioni, future e swap) nei quali l’acquirente e il venditore si scambiano la differenza tra il valore corrente di un determinato sottostante e il valore che lo stesso sottostante aveva al momento della stipula del contratto. Alla sottoscrizione del contratto, l’acquirente corrisponde solo una parte della liquidità necessaria per investire nel sottostante (“margine”), che viene poi aumentato se necessario sulla base dell’andamento del sottostante. I CFD sono prodotti complessi, a leva e negoziati fuori dai mercati regolamentati, utilizzati di solito a fini speculativi.

Distributed ledger technology (DLT)
L’articolo 8-ter, comma 1, del decreto legge 14 dicembre 2018, n. 135 definisce “tecnologie basate su registri distribuiti” «le tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l’aggiornamento e l’archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili».
Il regolamento (UE) 858/2022 all’articolo 2 definisce al punto:
1) la «tecnologia a registro distribuito (DLT)» come «una tecnologia che consente il funzionamento e l’uso dei registri distribuiti»;
2) il «registro distribuito» come un «archivio di informazioni in cui sono registrate le operazioni e che è condiviso da una serie di nodi di rete DLT ed è sincronizzato tra di essi, mediante l’utilizzo di un meccanismo di consenso»;
3) il «meccanismo di consenso» come «le regole e le procedure con cui si raggiunge un accordo, tra i nodi di rete DLT, sulla convalida di
un’operazione»;
4) il «nodo di rete DLT»: un dispositivo o un’applicazione informatica che è parte
di una rete e che detiene una copia completa o parziale delle registrazioni di
tutte le operazioni eseguite tramite il registro distribuito.

«Le DLT – Distributed Ledger Technology – hanno a disposizione diversi meccanismi di consenso per convalidare qualsiasi nuova operazione o transazione che si verifichi sulla rete. I meccanismi di consenso più comunemente utilizzati sono:

– il sistema “proof-of-work” si basa su equazioni matematiche, solitamente difficili da risolvere ma le cui soluzioni possono essere facilmente
verificate. La soluzione del problema matematico comporta sforzi di calcolo – che si traducono in un elevato consumo di energia, per cui ogni
validatore (chiamato ‘miner’) effettua calcoli per verificare la transazione e condividere i propri risultati con la rete, lavorando su base competitiva, poiché una ricompensa viene accreditata al miner che trova per primo la soluzione. Il sistema proof-of-work viene utilizzato ad esempio con la blockchain Bitcoin, e attualmente con la maggior parte delle DLT;

– il sistema proof-of-stake assegna agli utenti quote di diritti di convalida in base alla partecipazione che hanno nella blockchain. In un sistema di questo tipo, i validatori non sono chiamati miner, ma ‘forger’ o ‘staker’.
Le quote possono essere misurate in modo diverso (quantità di token posseduti, periodo di detenzione, quantità di attività bloccate nella
blockchain come garanzia). I forger o gli staker devono avere una quota minima nella blockchain per poter partecipare al processo di verifica: essi ‘puntano’ (stake) i propri token per avere il diritto di verificare una transazione, e vengono ricompensati da una tassa di transazione o da nuovi token. Non sono quindi necessarie equazioni matematiche per verificare una transazione. Questo rende il processo di verifica molto più efficiente dal punto di vista energetico rispetto a un meccanismo proof of- work». (cfr. OCSE che, in “Taxing Virtual Currencies: An Overview of Tax Treatments and Emerging Tax Policy Issues” del 12 ottobre 2020 – traduzione non ufficiale).

Decentralised finance (Defi)
Un ecosistema emergente di applicazioni e protocolli finanziari costruiti mediante l’organizzazione di servizi, simili a quelli bancari e finanziari, costruiti su infrastrutture che presuppongono l’assenza di gerarchie, come la blockchain, o comunque meno centralizzati rispetto al sistema bancario.

Ether
Cripto-valuta nativa della blockchain Ethereum.

Hybrid token
Tipologie di token che possono rientrare in una categoria piuttosto che in un’altra. Le singole categorie di token non si escludono a vicenda. Ad esempio dei security token o degli utility token possono anche rientrare nella categoria dei token di pagamento.

Initial Coin Offering (ICO)
Modalità di raccolta del capitale attraverso l’utilizzo della blockchain che prevede l’offerta agli investitori di una quantità determinata di cripto-attività o di token digitali.

Mining
Processo tipico di alcuni protocolli di distributed-ledger, mediante cui le transazioni in cripto-attività vengono verificate e aggiunte al registro delle transazioni da parte di miner che eseguono complessi processi informatici secondo un protocollo di proof of work.

Moneta fiat
Moneta avente corso legale, che viene accettata non per il valore intrinseco del materiale di cui è fatta, ma per decisione (“fiat” ovvero “sia così”) dell’autorità.

OAM
“Organismo Agenti e Mediatori” per la gestione degli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi, ai sensi dell’articolo 128-undecies del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (TUB).

Stablecoin
Tipologia di cripto-attività progettata per mantenere ancorata la sua valorizzazione ad un asset o paniere di asset. Ne esistono tipicamente due sottocategorie: 1) assetbacked (e-money token); 2) algorithmic.

Staking
Processo con il quale vengono bloccate le cripto-attività per un determinato periodo di tempo per contribuire a sostenere il funzionamento di una blockchain in cambio di una quota delle commissioni di transazione (cfr. Financial Stability Board (FSB), The Financial Stability Risks of Decentralised Finance, 2023).

Security token
Tipologia di token rappresentativi di diritti economici legati all’andamento dell’iniziativa imprenditoriale (ad esempio, il diritto di partecipare alla distribuzione dei futuri dividendi) e/o di diritti amministrativi (ad esempio diritti di voto su determinate materie).

Smart contract
Programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse. Essendo gli smart contract programmi che risiedono all’interno della blockchain e che quindi vengono eseguiti in maniera collettiva e decentralizzata dai nodi della rete, la loro esecuzione viene validata dalla rete blockchain sottostante e la loro affidabilità è connessa anche a quella della blockchain. L’esecuzione di uno smart contract è deterministica e si basa esclusivamente su dati disponibili on-chain.
Questo garantisce che, durante l’esecuzione distribuita del codice dello smart contract, ogni nodo della rete ottenga lo stesso risultato (o output) dato un set di parametri in ingresso (o input) e un determinato stato della blockchain.
Esempi di esecuzione di uno smart contract sono: l’approvazione condizionale di un pagamento tra due utenti (ad esempio, è possibile approvare la transazione di pagamento verso un utente beneficiario se e solo se è passato un determinato lasso temporale); lo scambio di un asset (ad esempio, uno smart contract che implementa un market place di asset collezionabili che possono essere scambiati tra utenti).
Gli smart contract ereditano le proprietà di tracciabilità e immutabilità della blockchain sottostante. In particolare, il codice degli smart contract è registrato all’interno della blockchain stessa e quindi per sua natura non può essere modificato. Questa caratteristica risulta cruciale per definire modelli di sicurezza basati su applicazioni decentralizzate in cui gli utenti hanno la certezza che il codice non venga alterato.

Token
Rappresentazione digitale unitaria di una cripto-attività.

Token fungibili

I token si definiscono fungibilise sono uguali l’uno all’altro. Per essere considerato fungibile, un bene deve appartenere a una medesima categoria come per esempio il grano, il petrolio, il denaro. Una moneta da 2 euro ha esattamente lo stesso valore di un’altra moneta da 2 euro. Analogamente il valore di un bitcoin è identico a quello di un altro bitcoin, nonostante fluttui nel tempo.

Token non fungibili (NFT)
I token non-fungibili hanno la caratteristica di essere unici non sostituibili, non ripetibili e non divisibili. Tra i beni non-fungibili possiamo annoverare quadri, eventi musicali, contratti di vendita di un’automobile e in generale beni o servizi con qualità uniche e irripetibili, poiché esiste solo un originale, quel bene ha una proprietà distintiva che non permette uno scambio con qualcosa di simile.
Si definisce NFT un certificato digitale basato sulla tecnologia blockchain e può essere acquistato e venduto online utilizzando varie valute o altre cripto-attività.

Staking
È un sistema di validazione delle transazioni che, a differenza del mining, è basato sull’impegno di proprie cripto-attività, una quota delle quali è bloccata dallo staker per un determinato periodo di tempo al fine di mantenere le operazioni su un particolare sistema di blockchain (proof-of-stake).

Utility token
Tipologia di token rappresentativi di diritti diversi, legati alla possibilità di utilizzare il prodotto o il servizio che l’emittente intende realizzare (ad esempio, licenza per l’utilizzo di un software ad esito del processo di sviluppo).

Valuta virtuale o crypto-valuta
Species del più ampio genus delle cripto-attività.

Wallet
Applicazione che viene utilizzata per generare, gestire, archiviare o utilizzare chiavi pubbliche e private relative a cripto-attività. Utilizza generalmente la crittografia asimmetrica basata su una coppia di chiavi composta da una chiave pubblica e una privata. L’indirizzo digitale del wallet è una versione codificata crittograficamente dalla chiave pubblica. La chiave privata che l’accompagna viene mantenuta riservata per l’utente.
Gli hosted wallet sono in genere gestiti da un fornitore terzo, quelli unhosted dall’utente. Il fornitore terzo (di wallet) è una società che offre servizi di archiviazione agli investitori in cripto-attività. Questi possono essere collegati online (“hot storage”) o mantenuti offline (“cold storage”)

 

 

 

Furto o smarrimento del wallet di criptovalute? Ecco come dichiararli

Ottobre 8, 2024

Hai perso o ti hanno rubato le chiavi di accesso del tuo wallet decentralizzato?

Per chi investe in criptovalute, la gestione fiscale rappresenta un aspetto cruciale, soprattutto considerando la crescente diffusione di Bitcoin, Ethereum e altre cripto-attività. I wallet decentralizzati, strumenti essenziali per conservare questi asset digitali, operano attraverso chiavi private o codici Seed che garantiscono l’accesso esclusivo al contenuto. Ma cosa succede se smarrisci queste chiavi o, peggio, se subisci un furto? Questo scenario solleva numerosi dubbi, soprattutto su come dichiarare le criptovalute inaccessibili nella dichiarazione dei redditi.

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La normativa fiscale italiana e la dichiarazione delle criptovalute nel quadro RW

In Italia, la normativa fiscale prevede che tutte le attività finanziarie detenute all’estero, comprese le criptovalute, debbano essere dichiarate nel quadro RW del Modello Redditi. Il quadro RW serve per il monitoraggio fiscale delle attività finanziarie estere e pagamento dell’imposta di bollo, indipendentemente dal valore degli investimenti o dall’effettiva realizzazione di una plusvalenza. Questo obbligo si estende anche alle cripto-attività, poiché, sebbene decentralizzate, sono considerate come attività detenute all’estero.

Tuttavia, esistono delle eccezioni importanti, soprattutto nei casi in cui il contribuente non ha più accesso alle proprie cripto-attività. In situazioni di furto o smarrimento delle chiavi private, la Circolare n. 30/E del 27 ottobre 2023 offre una chiara risposta. Secondo questa circolare, se il contribuente è in grado di dimostrare, tramite una denuncia presso un’autorità di pubblica sicurezza, che le chiavi private sono state smarrite o rubate, non è tenuto a dichiarare nel quadro RW le cripto-attività associate a quel wallet.

 

Come gestire le cripto-attività rubate o perse nel quadro RT

Un altro aspetto importante della gestione fiscale delle criptovalute riguarda il quadro RT, che è dedicato alla dichiarazione delle plusvalenze o minusvalenze derivanti dalla vendita o cessione di strumenti finanziari, incluse le criptovalute. Tuttavia, nel caso di criptovalute rubate o smarrite, non si realizza alcuna cessione che possa generare plusvalenze o minusvalenze. Di conseguenza, non è necessario compilare il quadro RT per criptovalute che non sono più sotto il tuo controllo.

La Circolare n. 30/E del 2023 chiarisce che il furto o lo smarrimento delle chiavi private non costituiscono una fattispecie fiscalmente rilevante. Questo significa che, anche se hai perso l’accesso alle criptovalute, non puoi dichiarare una perdita nel quadro RT, poiché la normativa non prevede la deducibilità di perdite derivanti da eventi come il furto o lo smarrimento. In altre parole, la perdita di accesso alle criptovalute non è equiparabile a una cessione o vendita che possa produrre una minusvalenza fiscalmente rilevante.

 

 

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Tassazione conto estero: come compilare il quadro RW per conto deposito e conto corrente

Ottobre 7, 2024

Differenza tra Conto Corrente e Conto Deposito?

Quando si parla di conti esteri e della loro dichiarazione nel quadro RW, è importante distinguere chiaramente tra conto corrente e conto deposito, soprattutto per comprendere le loro funzionalità e implicazioni fiscali. Aggiungiamo inoltre un esempio pratico legato al conto trading e al conto cash per chiarire meglio le differenze e come vengono considerati fiscalmente le due tipologie di conto.

Definizione di Conto Corrente

Il conto corrente estero è uno strumento bancario utilizzato per la gestione quotidiana del denaro. Permette di effettuare operazioni come prelievi, pagamenti, bonifici, e ricevere fondi come stipendi o pensioni. È quindi destinato a gestire le esigenze finanziarie giornaliere e a fornire accesso immediato al denaro. Un conto corrente estero offre la massima flessibilità in termini di gestione delle finanze, ed è soggetto a una imposta di bollo fissa di 34,20 euro l’anno per le persone fisiche.

Definizione di Conto Deposito

Il conto deposito estero ha una funzione completamente diversa: serve a custodire il denaro con l’obiettivo di farlo fruttare nel tempo, senza essere utilizzato per operazioni quotidiane come avviene con un conto corrente. Non è quindi adatto per la gestione ordinaria, ma viene utilizzato per accantonare risparmi.
Un aspetto fiscale importante riguarda l’IVAFE (Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie detenute all’Estero) che si applica sui conti deposito detenuti presso istituti esteri. L’IVAFE è pari al 2 per mille del valore del portafoglio a fine anno.

 

Il Conto Trading: Un Esempio di Conto Deposito

Il conto trading estero può essere considerato un conto deposito in quanto i fondi presenti rimangono vincolati alle operazioni di investimento. Questi fondi non sono disponibili per operazioni ordinarie come nel caso di un conto corrente ma all’interno di questi conti depositi può essere presente liquidità non investita. Tale liquidità è destinata esclusivamente a finalità di investimento e quindi non può essere considerata come un conto corrente tradizionale come riportato nella risposta di interpello n. 487 del 2020.

Il Conto Cash Vincolato al Conto Trading: esempio Interactive Brokers

Nel caso specifico della piattaforma Interactive Brokers, oltre al tradizionale conto investimento, è disponibile un conto cash che risulta strettamente collegato al conto trading estero. Questo conto cash ha lo scopo principale di custodire liquidità non ancora investita, che viene utilizzata per finalità ben precise legate all’attività di trading. In particolare, la liquidità presente su questo conto viene destinata esclusivamente al pagamento delle commissioni di trading, alla copertura dei margini richiesti per le operazioni finanziarie, e in generale per qualsiasi costo legato alle transazioni di investimento.

È importante sottolineare che, pur trattandosi di un conto che detiene liquidità, il conto cash di Interactive Brokers non può essere equiparato a un conto corrente. Questo perché non consente l’utilizzo della liquidità per scopi ordinari, come pagamenti di bollette, spese quotidiane o prelievi in contanti. Tutti i fondi presenti nel conto cash sono vincolati e possono essere impiegati solo per attività legate al trading.

Codice di individuazione bene per la compilazione del quadro RW del modello redditi

Nella compilazione del Quadro RW del Modello Redditi, per dichiarare conti correnti e conti deposito detenuti all’estero, è necessario utilizzare i codici di individuazione del bene che variano a seconda del tipo di conto.

  • Conto Corrente: Se il conto da dichiarare è un conto corrente estero, il codice da utilizzare nel Quadro RW è 01. Questo codice si applica ai conti correnti esteri che sono destinati alla gestione ordinaria del denaro e alle operazioni quotidiane, come prelievi e pagamenti.
  • Conto Deposito: Per dichiarare un conto deposito titoli detenuto all’estero, invece, il codice da utilizzare è 20. Questo codice identifica i conti destinati all’accumulo di risparmi o investimenti, dove i fondi sono immobilizzati e non utilizzabili per transazioni quotidiane come avviene con i conti correnti.

 

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Attenzione alle Truffe nel Trading

Settembre 27, 2024

Attenzione alle Truffe nel Trading: Come Proteggersi dai raggiri e dai Broker Disonesti

Nel mondo del trading online, oltre alle sfide tipiche legate ai mercati, possono emergere tentativi di frode volti a ingannare gli investitori meno esperti. Purtroppo anche la nostra azienda è stata coinvolta in uno di questi episodi, di recente, alcuni truffatori si sono finti rappresentanti della nostra società contattando i nostri clienti e trader con la falsa accusa di mancato pagamento delle imposte. Questi malintenzionati chiedevano ai clienti di regolarizzare la loro posizione fiscale effettuando un pagamento su un IBAN specifico, minacciando gravi sanzioni in caso di mancata adesione.

Vogliamo essere chiari e mettere in guardia tutti: non esistono aziende private autorizzate a riscuotere tasse in Italia. Le imposte si pagano solo ed esclusivamente allo Stato italiano e nessun broker, piattaforma o intermediario finanziario ha il potere di richiedere tali pagamenti.

In questo articolo faremo luce su due tipologie di truffe che si stanno diffondendo nel mondo del trading online. Il nostro obiettivo è far sì che i nostri clienti e tutti gli investitori possano proteggersi da questi tentativi di frode, sapendo riconoscere i segnali d’allarme e agendo con cautela.

 

truffatore conti trading

1. Finte Aziende che Fingono di Essere Incaricate dal Fisco

Una delle truffe più diffuse è quella delle finte aziende che affermano di essere state incaricate dal fisco italiano per riscuotere le imposte. Questi truffatori si presentano come intermediari ufficiali chiedendo il pagamento di tasse arretrate o contributi dovuti. È fondamentale ricordare a tutti i trader e cittadini italiani che le imposte si pagano esclusivamente allo Stato italiano.

Nessuna azienda privata o broker è autorizzata a riscuotere le tasse per conto del fisco. Solo l’Agenzia delle Entrate e altri enti pubblici competenti possono notificare eventuali mancanze o irregolarità nel pagamento delle imposte e lo fanno attraverso canali ufficiali come le lettere di compliance. Queste comunicazioni arrivano direttamente dal fisco e servono a invitare il contribuente a regolarizzare la propria posizione, ma in nessun caso vi sarà richiesto di effettuare pagamenti a soggetti terzi.

Come riconoscere la truffa:

  • La richiesta di pagare tasse o contributi a una società privata.
  • L’insistenza nel voler riscuotere il pagamento immediatamente con la minaccia di sanzioni.
  • Comunicazioni non ufficiali come email non certificate o messaggi tramite canali non istituzionali.

2. Broker Finti che Bloccano i Prelievi

Un’altra truffa frequente nel mondo del trading online riguarda i broker disonesti che bloccano i prelievi. Questi soggetti offrono inizialmente rendimenti promettenti per poi rendere impossibile il recupero dei fondi da parte degli investitori. Questi broker fittizi possono sembrare legittimi, spesso presentandosi come piattaforme regolamentate, ma una volta che i fondi sono depositati, diventano inaccessibili.

Alcuni segnali comuni di un broker truffa includono:

  • La difficoltà o l’impossibilità di prelevare i fondi.
  • Richieste continue di depositare ulteriori somme per “sbloccare” i prelievi.
  • Condizioni contrattuali vaghe o incomprensibili.
  • Offerte di rendimenti garantiti che sono irrealistici.

Questi truffatori mirano a creare un senso di urgenza e a manipolare le emozioni dell’investitore, promettendo guadagni rapidi e facili. Tuttavia, una volta depositati i fondi, diventa difficile recuperarli senza incorrere in commissioni esorbitanti o requisiti di prelievo impossibili da soddisfare.

Cosa fare se sospetti una truffa?

Se sospetti di essere vittima di una truffa, agisci rapidamente:

  • Interrompi immediatamente ogni deposito o transazione con il broker.
  • Contatta il tuo istituto bancario o il fornitore della carta di credito per cercare di recuperare i fondi.
  • Segnala il broker sospetto alle autorità competenti, come la Consob in Italia.
  • Conserva tutta la documentazione relativa alle transazioni effettuate.

Essere proattivi è il modo migliore per prevenire danni maggiori. Non esitare a richiedere consulenza da esperti in caso di dubbi.

3. Truffe legate a Criptovalute e CFD

Negli ultimi anni, il trading di criptovalute e i CFD (Contratti per Differenza) hanno visto una crescita esponenziale. Tuttavia, questa crescita ha anche portato un aumento delle truffe legate a questi strumenti finanziari. I truffatori sfruttano l’entusiasmo per le criptovalute e la mancanza di regolamentazione per attrarre investitori inesperti in schemi fraudolenti.

Le truffe tipiche includono:

  • Piattaforme di trading che promettono guadagni rapidi e facili nel mercato delle criptovalute.
  • Esche per attirare investimenti in ICO (Initial Coin Offering) inesistenti.
  • Broker che offrono CFD su criptovalute con condizioni e spread non trasparenti.

Quando si tratta di criptovalute e CFD, è importante fare attenzione e scegliere piattaforme regolamentate e con una comprovata storia di trasparenza e affidabilità. Verifica sempre che il broker o la piattaforma sia registrato presso un ente regolatore riconosciuto.

 

Conclusione: Come Proteggersi dalle Truffe nel Trading

Essere informati e vigili è il modo migliore per proteggersi dai tentativi di frode nel trading online. Se hai dubbi su eventuali richieste di pagamento o altre comunicazioni sospette, ti consigliamo di contattare direttamente il tuo consulente fiscale o le autorità competenti.

Per una gestione sicura e accurata delle tue tasse sul trading, Tasse Trading Srl ti offre il servizio di Modello Redditi Precompilato per aiutarti a dichiarare correttamente il tuo conto trading. Contattaci ora per un preventivo gratuito.

Attenzione!

Negli ultimi giorni abbiamo ricevuto diverse segnalazioni riguardo a un individuo di nome Alexander Vali Lohmus, che si spaccia per un dipendente della nostra azienda e offre servizi di recupero delle perdite da trading. Vogliamo ricordare che nessuna azienda privata o broker è autorizzato a riscuotere tasse per conto del fisco e non è possibile recuperare eventuali perdite subite tramite operazioni di trading regolari. Si raccomanda di prestare attenzione e di segnalare eventuali contatti sospetti.

 

 

 

Guida completa alla Tassazione degli ETF in Italia: Normative, Aliquote e Modalità di Dichiarazione

Settembre 17, 2024

Gli Exchange Traded Funds (ETF) sono strumenti finanziari molto diffusi tra gli investitori grazie alla loro diversificazione e facilità di gestione. Tuttavia, la tassazione di questi strumenti in Italia varia in base al tipo di ETF (armonizzati o non armonizzati) e al regime fiscale scelto dall’investitore. In questo articolo esploreremo la tassazione degli ETF, come dichiarare correttamente le plusvalenze e minusvalenze e come Tasse Trading Srl può supportarti nella gestione della dichiarazione dei redditi.

Cosa sono gli ETF e come funzionano?

Gli ETF sono fondi comuni d’investimento negoziati in borsa, che replicano l’andamento di un indice di mercato, come il FTSE MIB o il S&P 500. Sono strumenti molto apprezzati dagli investitori per la loro capacità di offrire un’ampia diversificazione a costi contenuti. Gli ETF possono generare due tipi di reddito:

  1. Dividendi: derivanti dalle attività sottostanti dell’ETF, come azioni o obbligazioni.
  2. Plusvalenze: derivanti dalla vendita delle quote del fondo a un prezzo superiore rispetto all’acquisto.

Tassazione degli ETF armonizzati (UCITS) e non armonizzati

Una distinzione fondamentale per la tassazione degli ETF è tra ETF armonizzati e non armonizzati.

ETF armonizzati (UCITS)

Gli ETF armonizzati, regolati dalla normativa europea UCITS (Undertakings for Collective Investment in Transferable Securities), seguono rigide regole di trasparenza e tutela degli investitori. Dal punto di vista fiscale:

  • Plusvalenze: Le plusvalenze realizzate dalla vendita di ETF armonizzati sono considerate redditi di capitale e tassate al 26%. Queste plusvalenze vanno dichiarate nel quadro RM del Modello Redditi Persone Fisiche, come stabilito dall’Art. 44, comma 1, lett. g) del TUIR.
  • Minusvalenze: Le minusvalenze derivanti dalla vendita di ETF armonizzati devono essere riportate nel quadro RT (redditi diversi) e possono essere utilizzate per compensare plusvalenze da altri redditi diversi (es. vendita di azioni, obbligazioni, derivati) entro quattro anni.
Regime amministrato per ETF armonizzati

Per gli ETF armonizzati, gli investitori possono scegliere il regime amministrato, dove l’intermediario (banca o broker) funge da sostituto d’imposta, applicando automaticamente la ritenuta alla fonte del 26% sulle plusvalenze. In questo caso, l’investitore non è tenuto a dichiarare autonomamente le plusvalenze nel Modello Redditi, poiché l’intermediario si occupa della tassazione.

ETF non armonizzati

Gli ETF non armonizzati, non regolati dalla normativa UCITS, seguono un regime fiscale diverso. Dal punto di vista fiscale, questi ETF sono tassati in modo meno favorevole rispetto a quelli armonizzati:

  • Plusvalenze: Le plusvalenze derivanti dalla vendita di ETF non armonizzati devono essere dichiarate nel quadro RL del Modello Redditi e sono soggette alla tassazione ordinaria IRPEF. Le aliquote IRPEF per il 2024 sono le seguenti:
    • Fino a 15.000 euro: 23%
    • Da 15.001 a 28.000 euro: 25%
    • Da 28.001 a 50.000 euro: 35%
    • Oltre 50.000 euro: 43%

    Per gli ETF non armonizzati, l’intermediario applica una ritenuta d’acconto, ma l’investitore è comunque tenuto a dichiarare correttamente la plusvalenza nel quadro RL e pagare l’eventuale differenza d’imposta.

  • Minusvalenze: Le minusvalenze da ETF non armonizzati vanno inserite nel quadro RT e possono essere utilizzate per compensare altre plusvalenze derivanti da redditi diversi entro quattro anni.

Come calcolare le plusvalenze sugli ETF secondo la normativa fiscale italiana

Il calcolo delle plusvalenze sugli ETF si basa sulla differenza tra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto delle quote. Per gli ETF, il metodo del costo medio ponderato è il utilizzato per determinare il prezzo di acquisto.

Le plusvalenze sugli ETF armonizzati vanno dichiarate nel quadro RM con un’aliquota fissa del 26%, mentre le plusvalenze sugli ETF non armonizzati devono essere dichiarate nel quadro RL e sono tassate con le aliquote IRPEF ordinarie.

Regime fiscale per gli investimenti in ETF esteri: IVAFE e altre imposte

Gli investitori che detengono ETF in un conto trading estero devono considerare anche l’IVAFE (Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie all’Estero), che corrisponde al 2 per mille annuo sul valore degli strumenti finanziari detenuti all’estero. Questa imposta va dichiarata nel quadro RW del Modello Redditi.

Compensazione tra plusvalenze e minusvalenze sugli ETF

Le plusvalenze sugli ETF armonizzati devono essere dichiarate nel quadro RM, mentre le minusvalenze vanno inserite nel quadro RT e possono essere utilizzate per compensare altre plusvalenze da redditi diversi. Tuttavia, non è possibile compensare direttamente le plusvalenze e minusvalenze derivanti dagli ETF armonizzati nello stesso quadro.

Per quanto riguarda gli ETF non armonizzati, le plusvalenze devono essere inserite nel quadro RL e sono tassate secondo le aliquote IRPEF, mentre le minusvalenze possono essere riportate nel quadro RT per compensare altre plusvalenze da redditi diversi.

Come Tasse Trading Srl può aiutarti con la tassazione degli ETF

La tassazione degli ETF, specialmente se detenuti in un conto estero in regime dichiarativo può diventare complessa. Tasse Trading Srl offre un servizio di supporto per la compilazione del Modello Redditi precompilato, aiutando gli investitori a dichiarare correttamente le plusvalenze e le minusvalenze derivanti dai conti trading.

Grazie ai nostri esperti fiscali, puoi evitare errori nella dichiarazione e metterti in regola con il fisco, garantendo una corretta gestione della tassazione dei tuoi investimenti. Contattaci per ricevere assistenza personalizzata tramite chat, telefono o email: i nostri consulenti sono pronti a fornirti tutte le informazioni necessarie sul nostro servizio.

Consigli per ottimizzare la tassazione sugli ETF

Ecco alcuni consigli utili per ridurre il carico fiscale sugli investimenti in ETF:

  1. Scegliere ETF armonizzati (UCITS): Gli ETF armonizzati beneficiano di una tassazione agevolata al 26% e una gestione più semplice delle plusvalenze e minusvalenze.
  2. Compensare le minusvalenze: Le minusvalenze sugli ETF possono essere utilizzate per compensare plusvalenze da altri redditi diversi entro quattro anni. Assicurati di riportarle correttamente nei quadri RT e nella sezione V.
  3. Valutare il regime fiscale: Se detieni ETF non armonizzati, considera il tuo scaglione IRPEF e pianifica attentamente gli investimenti per evitare di incorrere in aliquote troppo elevate.
  4. Sfruttare il regime amministrato per ETF armonizzati: Se non vuoi gestire la dichiarazione autonomamente, scegli il regime amministrato per gli ETF armonizzati, dove l’intermediario si occupa della tassazione.
  5. Dichiarare correttamente gli ETF esteri: Ricorda di dichiarare l’IVAFE per gli ETF.

 

 

 

L’Agenzia delle Entrate può monitorare le criptovalute nel 2024?

Luglio 3, 2024

L’Agenzia delle Entrate può monitorare le criptovalute nel 2024?

Se ti stai chiedendo se le tue transazioni in criptovalute come Bitcoin, Ethereum, Solana, Matic, Ada,… sono tracciabili dall’Agenzia dell’entrate, questo articolo ti fornirà una spiegazione su come l’agenzia riesce a monitorare le tue criptovalute e perché è importante dichiararle ogni anno.

Secondo la C.M. n.30/E/2023 “gli obblighi di monitoraggio fiscale delle cripto-attività sussistono indipendentemente dalle modalità di archiviazione e conservazione delle stesse…”

L’Agenzia chiarisce inoltre che “nel quadro RW va compilato un rigo per ogni portafoglio, conto digitale o altro sistema di archiviazione o conservazione detenuto dal contribuente”

Questo mette in evidenza come il contribuente sia tenuto a dichiarare non solo i conti digitali (o exchange) ma anche tutti i portafogli (o wallet) su cui detiene criptovalute.

 

Come viene tracciata una criptovaluta?

Per molti investitori, il termine criptovaluta  richiama una  presunta capacità di garantire l’anonimato. Questi strumenti vengono spesso promossi come decentralizzati, anonimi, non tracciabili e a prova di manomissione. Tuttavia, la realtà è più complessa.

Infatti,  criptovalute come Bitcoin, Ethereum, Solana e a tante altre si basano sulla tecnologia blockchain, che è fondata sulla trasparenza grazie a un registro digitale pubblico. Per questo,  chiunque può accedere al registro e visualizzare qualsiasi transazione effettuata. Inoltre, tutte le transazioni sono memorizzate in modo permanente nel registro.

Di conseguenza, chiunque abbia interesse, attraverso un ID di transazione e un esploratore blockchain può risalire agli indirizzi dei wallet associati o vedere quali transazioni sono state effettuate. Tra questi può esserci un’autorità fiscale come l’Agenzia delle Entrate.

Anche se c’è ancora un certo livello di anonimato, dato che l’indirizzo del tuo wallet non contiene informazioni personali, collegare un indirizzo di wallet a un individuo è diventato sempre più semplice per le Autorità Fiscali . Questo è dovuto in parte alla pressione esercitata dal governo sugli exchange di criptovalute per raccogliere e condividere i dati dei clienti.

Come si collega un Wallet ad un soggetto?

Esistono vari modi per collegare il tuo indirizzo di portafoglio alla tua identità, anche senza informazioni personali memorizzate.

Innanzitutto, alcuni wallet permettono di collegare una carta di credito o di debito per acquistare monete digitali, come ad esempio TrustWallet. Questo è comodo per acquisti veloci di Ethereum, Bitcoin o Solana, ma rende anche molto semplice collegare il tuo conto bancario al wallet.

Inoltre, se trasferisci criptovalute tra il tuo wallet decentralizzato e gli exchange centralizzati che condividono dati con le autorità fiscali, questi dati potrebbero includere anche l’indirizzo del tuo portafoglio.

Può anche accadere che il tuo portafoglio possa raccogliere più dati di quanto pensi. Ad esempio ConsenSys ha aggiornato la sua politica sulla privacy dichiarando che gli indirizzi IP e Ethereum degli utenti di MetaMask possono ora essere tracciati quando completano una transazione. Anche se al momento non è certo che queste informazioni vengano condivise con terze parti esterne a ConsenSys, potrebbe essere solo una questione di tempo.

Nel caso specifico di un Wallet, il collegamento di un wallet a un certo cliente avviene nel momento in cui quest’ultimo desidera prelevare dal wallet stesso. Se ad esempio si vuole vendere un Ethreum, un Bitcoin o un Solana in moneta FIAT, è necessario passare attraverso un exchange, ed è in questo frangente che l’agenzia delle entrate potrebbe venire a conoscenza del wallet, se non lo era già.

Le sanzioni per la detenzione di criptovaluta non dichiarata possono arrivare al 15% per ogni anno in cui non è stato presentato il quadro RW.

Inoltre, nel caso di omissione del quadro RW, i termini di accertamento per l’intera dichiarazione si raddoppiano. Questo è un punto cruciale, poiché aumenta significativamente la possibilità di incorrere in sanzioni più severe.

Conclusioni

Come puoi notare, è diventato sempre più complicato per i detentori di criptovalute sfuggire dalle autorità fiscali, indipendentemente dall’exchange, dal wallet o dalla blockchain utilizzati. Il consiglio migliore è dichiarare correttamente le tue criptovalute e pagare le imposte dovute per evitare sanzioni ben più pesanti.