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Regime Dichiarativo o Amministrato?

Regime Dichiarativo o Amministrato? Qual è quello più conveniente?

In questa guida spiegheremo tutte le differenze tra i due regimi

Regime Dichiarativo

Il Regime Dichiarativo è il regime di default che viene applicato ai traders che aprono un conto con sede all’estero. Su opzione questo regime può essere applicato anche ai conti italiani.

Il contribuente sarà tenuto a calcolarsi autonomamente le imposte da versare in quanto percepirà dal broker i proventi lordi derivanti dalle vendite dei titoli, senza alcuna ritenuta d’imposta. Ogni anno dovrà compilare la Dichiarazione dei Redditi inserendo i redditi percepiti dall’attività di trading ed pagare le relative imposte.

Nel Regime Dichiarativo la banca non funge da sostituto d’imposta, cosa che accade per gli altri regimi.

Regime Amministrato

Il Regime Amministrato è il regime di default che viene applicato ai conti con sede in Italia, dove la banca, il broker o la SIM fungono da sostituti d’imposta ovvero effettuano i calcoli e trattengono automaticamente le aliquote fiscali. Il contribuente riceverà i proventi netti decurtati delle imposte.

Vediamo con più precisione e chiarezza quali sono le differenze tra i due regimi:

SEDE DEL BROKER

♦ I conti con sede in Italia di default sono in Regime Amministrato ma su opzione possono essere aperti in Regime Dichiarativo. E’ anche possibile in un secondo momento optare per l’altro regime, ma il passaggio avrà validità dal 01.01 dell’anno successivo.

♣ I conti con sede all’estero sono sempre in Regime Dichiarativo, poiché i broker esteri non sono sostituti d’imposta.

Regime Dichiarativo o Amministrato

CALCOLO DELLE IMPOSTE

♦ Nel Regime Amministrato è il Broker che calcola le imposte da versare in quanto sostituto d’imposta.

Nel Regime Dichiarativo è il Titolare del conto a dover effettuare i calcoli e versare autonomamente le imposte.

 

PAGAMENTO DELLE IMPOSTE

♦ In Amministrato le imposte si pagano ad ogni chiusura di trade e il pagamento è immediato.

Se si realizza un profitto, questo viene automaticamente tassato. Se invece si realizza una perdita potrà poi essere compensata con le plusvalenze dei 4 anni successivi.

♣  In Dichiarativo invece le imposte si pagano entro il 30 giugno dell’anno successivo, tramite la compilazione del Modello Redditi Persone Fisiche e la predisposizione del Modello F24. Il contribuente riceverà i profitti lordi e potrà interamente reinvestirli. Si avrà pertanto più marginalità sul conto e più leva finanziaria.

 

POSSESSO DI PIU’ CONTI

In Amministrato anche se si possiedono più conti ciascun conto ha un suo risultato e una sua tassazione. Non si possono compensare i risultati di un conto con un altro anche se intestati alla stessa persona.

♣  Viceversa in dichiarativo si sommano i risultati di tutti i broker intrattenuti dal contribuente e il tutto confluisce in un’unica dichiarazione dei redditi. I risultati si compensano tra loro, pertanto il dichiarativo è molto conveniente se si detengono più broker.

 

PREDISPOSIZIONE DICHIARAZIONE DEI REDDITI

♦ Non necessaria in Regime Amministrato.

♣  Obbligatoria in Regime Dichiarativo. I redditi derivanti dall’attività di trading devono essere inseriti nel Modello Redditi PF. E’ obbligatorio dichiarare il conto (solo se all’estero) anche se non si possiedono redditi o se non è stata fatta alcuna movimentazione.

 

STRATEGIE FISCALI APPLICABILI

♦ In Regime Amministrato vi è solo una strategia fiscale: chiudere prima una posizione in perdita e successivamente quella in profitto. In questo caso non si verseranno imposte.

In Dichiarativo invece vi sono almeno 8 strategie fiscali che permettono una riduzione delle imposte da versare. Nel nostro blog abbiamo spiegato dettagliatamente ciascuna strategia.

 

UTILIZZO DI VALUTE

♣ L’utilizzo di valute è sempre in regime dichiarativo.
Il calcolo delle plusvalenze o minusvalenze relative ad operazioni in valuta deve essere fatto (e il risultato deve essere inserito in dichiarazione dei redditi con l’eventuale pagamento delle imposte dovute) solo se la giacenza complessiva di tutti i depositi e conti correnti in valuta intrattenuti sia superiore a 51.645,69 euro​ ​per almeno 7 giorni lavorativi continui (art. 67 Dpr 917/86).

CALCOLO DELLE PLUSVALENZE

♦ In Amministrato si utilizza il metodo del costo medio ponderato.

In Dichiarativo si utilizza il metodo LIFO “Last In First Out”, ovvero l’ultimo ad entrare è il primo ad uscire.

 

Il Regime Dichiarativo presenta parecchi vantaggi.

 

 

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Indice: strategie fiscali conti trading

Tasse Trading ha realizzato una guida con 8 strategie fiscali da adottare per ottimizzare il tuo conto trading!


“Risparmio è doppio Guadagno”

Giovanni Gaggino


Come ridurre la tassazione del proprio conto? Com’è possibile trarre benefici dalle minusvalenze? Come utilizzare le detrazioni fiscali per detrarre i redditi da trading?

Nelle nostre strategie fiscali risponderemo a tutte queste domande e vedremo dei trucchetti, assolutamente legali, per ridurre l’impatto fiscale del conto trading.

Ricapitoliamo le nostre 8 strategie:

BILANCIARE LE PLUSVALENZE

Le prime tre lezioni di strategia fiscale sono relative al bilanciamento di plus/minusvalenze. Per attuare queste strategie è opportuno fotografare la propria situazione del conto prima della fine dell’anno e verificare se vi sono plusvalenze o minusvalenze realizzate (ovvero chiuse) oppure non realizzate.

In questa lezione vedremo la situazione in cui il portafoglio è in plusvalenza realizzata e si hanno minusvalenze non realizzate. In alcuni casi potrebbe essere conveniente chiudere le posizioni in perdita per ridurre o addirittura azzerare le plusvalenze e pagare meno imposte.

BILANCIARE LE MINUSVALENZE

Nelle seconda lezione vedremo l’importanza delle minusvalenze. Quando in portafoglio si detengono perdite si possono adottare strategie per trarre benefici e ridurre le imposte da versare. Siamo nella situazione in cui prima della fine dell’anno si detengono minusvalenze realizzate e plusvalenze non ancora chiuse.

NON PERDERE MINUSVALENZE

Le minusvalenze sono davvero importanti ed è importante non perderle. Sole inserendole in dichiarazione dei redditi si attribuisce una scadenza.

RECUPERO DETRAZIONI FISCALI

In questa quarta lezione analizzeremo come compensare i redditi derivanti da trading con le detrazioni fiscali. E’ conveniente utilizzare questa strategia quando si detengono varie spese (mediche, assicurative, ecc.) e allo stesso tempo non si hanno abbastanza redditi per compensarle.

NON PAGARE IMPOSTE SULLE CRIPTOVALUTE

La normativa ha assimilato la criptovalute alle valute tradizionali, pertanto non si devono versare imposte (in quanto considerate non speculative) al di sotto della giacenza in valuta di €2000,00 intrattenuta per più di 7 giorni lavorativi consecutivi.

SFRUTTARE MINUSVALENZE DA CRIPTOVALUTE

Le criptovalute non si inseriscono in dichiarazione (sotto la soglia di €2000,00) e potrebbe non essere conveniente quando si realizzano perdite. Scopriamo come non perderle per poterle compensare con profitti da altri strumenti finanziari.

MENO IMPOSTE SUI REDDITI DA CAPITALE

I redditi di Capitale (interessi, cedole e ETF armonizzati) sono tassati ad imposta sostitutiva del 26%. E’ possibile optare per la tassazione ordinaria e sfruttare l’aliquota del 23% (per redditi inferiori ad €15.000) e utilizzare questi redditi per compensare le spese mediche, assicurative, di ristrutturazione ecc.

MENO IMPOSTE SUI DIVIDENDI ESTERI

Premesso che sui dividendi esteri vi è una doppia imposizione, com’è possibile evitarla o ridurla? In questa lezione vedremo le strategie per abbassare le imposte sui dividendi emessi da paesi esteri.

Se non ti sono chiare le nostre strategie fiscali

 

 

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*I contenuti della presente pagina non costituiscono consulenza fiscale e i contenuti non possono sostituire la consulenza individuale di esperti per i singoli casi concreti
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8. Meno imposte sui dividendi esteri

Ottava strategia fiscale trading!

Oggi vediamo com’è possibile evitare la doppia imposizione sui dividendi esteri

I dividendi esteri, ovvero quelle parti di utili distribuite dalle società ai loro azionisti, sono soggetti a una doppia tassazione:

      1. Nel paese d’origine (i Trattati contro la doppia tassazione prevedono che il 15% sia sempre versato alla fonte)
      2. in Italia, al 26% al lordo in frontiera

8. Meno imposte sui dividendi esteri 1

Abbiamo già parlato della differenza tra il netto in frontiera e il lordo in frontiera e abbiamo riportato un esempio sulle differenze della metodologia di calcolo. In ogni caso è presente una doppia tassazione e il nostro dividendo verrà tassato due volte. E’ possibile evitare questa doppia imposizione? Come recuperare queste imposte versate? E’ possibile risparmiare tasse sui dividendi esteri?

A queste domande risponderemo in questa lezione di strategie fiscali.

In questa ottava lezione di ottimizzazione fiscale vediamo come RIDURRE LE IMPOSTE SUI DIVIDENDI ESTERI

Premesso che i trattati contro la doppia imposizione prevedono sempre che il 15% sia dovuto alla fonte è possibile fare qualcosa per limitare la doppia tassazione?

E’ possibile, ma spesso antieconomico, chiedere il rimborso per la parte eccedente del 15% e ricordiamo che sul rimborso si dovrà comunque pagare un’imposta. Accantonata questa ipotesi cosa vi conviene fare? Come procedere?

Invece è sempre possibile per i titoli emessi nei Paesi con più alta tassazione dei dividendi, superiore a quella del 15%, investire nel CFD piuttosto che nel titolo sottostante, poiché di solito i broker applicano ai dividendi del CFD la ritenuta del 15% prevista nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni, anziché la ritenuta più elevata applicata nel Paese di origine sul sottostante.

Per ottimizzare la tassazione 

acquistare il CFD al posto del titolo sottostante

poiché di solito i Broker trattengono l’aliquota del 15%

Questa strategia è particolarmente utile per i titoli emessi dai paesi con aliquote maggiori. Ad esempio la Svizzera trattiene un’aliquota del 35% sul dividendo, nettamente superiore a quella del 15% prevista dai Trattati conto la doppia imposizione.

Riportiamo i principali paesi con le aliquote trattenute sui dividendi esteri:

26% – ITALIA

15% – USA

30% – FRANCIA

25% – GERMANIA

0% – REGNO UNITO

35% – SVIZZERA

25% – CANADA

20% – IRLANDA

15% – LUSSEMBURGO

15% – PAESI BASSI

30% – BELGIO

15% – GIAPPONE

19% – SPAGNA

E’ possibile ottenere, attraverso una determinata procedura, un rimborso della doppia tassazione dei dividendi esteri, con la diretta applicazione dell’aliquota concordata tra i due Paesi, nel caso in cui sia stata pagata un’aliquota maggiore rispetto a quella prevista dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni. L’importo rimborsato dovrà essere portato nuovamente a tassazione del 26%.

Per ottimizzare la tassazione è conveniente talvolta acquistare il CFD al posto del titolo sottostante specialmente per i paesi con aliquota maggiore al 15%. 

Vediamo subito un esempio:

DIVIDENDO SU AZIONE SVIZZERA

dividendo: €100
tassazione in Svizzera al 35%
tassazione in Italia al 26%
NETTO PERCEPITO 39€
TASSAZIONE AL 61%

DIVIDENDO SU CFD SVIZZERA

dividendo: €100
tassazione in Svizzera al 15%
tassazione in Italia al 26%
NETTO PERCEPITO 59€
TASSAZIONE AL 41%

Investire in CFD piuttosto che sul sottostante può essere fattibile su alcuni broker che permettono sia la compravendita di azioni sia quella di CFD. Tra gli altri ricordiamo eToro e Interactive Brokers. Ovviamente ci sono molti più broker che permettono di attuare questa strategia.

Ai fini fiscali i redditi derivanti dai CFD finiscono nei Redditi Diversi (quadro RT, Modello Redditi Persone Fisiche) e si sommano a tutti gli altri redditi derivanti da azioni, opzioni, futures, forex e valute.

Non perderti le nostre strategie fiscali!

 

 

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Fiscalità Dividendi esteri

Come funziona la tassazione dei dividendi esteri?

Il dividendo altro non è che quella parte dell’utile di una società che può essere distribuito ai suoi azionisti alla fine di ogni esercizio. L’Assemblea Ordinaria dei soci annualmente ha l’obbligo di approvare il bilancio e deve definire le eventuali modalità, i tempi e la quantità di utili da distribuire. Talvolta capita che l’Assemblea decide di non distribuire gli utili e di reinvestirli nella società (per coprire perdite precedenti ad esempio).

Il dividendo può essere ordinario, quando deriva dagli utili; o straordinario quando viene distribuita una parte delle riserve di liquidità della società (si tratta di operazioni societarie). Nella maggior parte dei casi si parla di dividendi ordinari.

 

Come funziona la tassazione dei dividendi?

L’articolo 44 del DPR n. 917/86 inserisce i dividendi nei Redditi di Capitale (quandro RM, Modello Redditi Persone Fisiche) pertanto non è possibile compensare questi redditi con le minusvalenze da azioni, opzioni, futures, cfd, forex, valuta,…) poiché quest’ultimi finiscono nei Redditi Diversi (quandro RT, Modello Redditi Persone Fisiche).

La Normativa Fiscale Italiana prevede che i dividendi vadano a tassazione separata del 26%. Un dividendo di una società italiana verrà dunque tassato al 26%.

Come funziona per le società estere?

La risposta non è immediata, in quanto ancora una volta vi sono diverse interpretazioni a riguardo.

Un dividendo percepito direttamente all’estero (tramite un broker non residente in Italia), prevede un’imposta che deve essere liquidata nel quadro RM del Modello Redditi P.F. (non è ammessa l’opzione per la tassazione ordinaria). Abbiamo visto che alcuni Redditi di Capitale, in particolare interessi, cedole e ETF armonizzati, possono andare (su opzione) a tassazione ordinaria e seguire lo scaglione di redditi di appartenenza. Questo non è valido per i dividendi che vanno sempre nei Redditi di Capitale (quadro RM).

 

I dividendi esteri subiscono una doppia imposizione:

    1. la prima nel paese d’origine (seguendo l’aliquota del paese di appartenenza)
    2. in Italia (al 26%)

Tasse dividendi esteri

Analizziamo meglio questi due punti.

Questa doppia imposizione è stata oggetto di numerose contestazioni, tantoché i Trattati contro la doppia imposizione hanno stabilito un’aliquota convenzionale massima del 15%. Ovvero il 15% è sempre dovuto nel paesi d’origine. Per i paesi che applicano una ritenuta maggiore del 15% si potrebbe chiedere un rimborso tra la parte eccedente al 15%. Questo processo non è immediato e spesso risulta antieconomico.

La ritenuta applicata nei paesi è variabile. Alcuni paesi non hanno applicano ritenute, ad esempio l’Australia o il Regno Unito. La maggior parte dei paesi invece prevede una tassazione del 15%, altri addirittura maggiore. Ad esempio la Svizzera (35%).

In Italia i dividendi vengono a loro volta ulteriormente tassati al 26%. Si parla spesso di netto in frontiera o di lordo in frontiera per interpretare la seconda tassazione. L’ultima Risoluzione dell’Agenzia Entrate prevede che i dividendi vengano tassati al lordo in frontiera.

Qual è la differenza?

Il netto in frontiera è la differenza tra il dividendo lordo e la ritenuta nel paese di origine.

Esempio netto in frontiera:
Riceviamo un dividendo di 100 di un'azione Apple (USA)
1. TASSAZIONE 15% IN USA
2. TASSAZIONE AL NETTO IN FRONTIERA IN ITALIA (26%)
In Italia arriverà un dividendo di 85, su cui verrà trattenuto il 26% (pari a €22.1)
NETTO PERCEPITO: 62.9
Tassazione del 37.1%

Il lordo in frontiera prevede che il 26% venga calcolato sul dividendo originale.

Esempio lordo in frontiera: 
Riceviamo un dividendo di 100 di un'azione Apple (USA)
1. TASSAZIONE 15% IN USA
2. TASSAZIONE AL NETTO IN FRONTIERA IN ITALIA (26%)
In Italia arriverà un dividendo di 85. Tassazione del 26% sul lordo (pari a €26)
NETTO PERCEPITO: 59
Tassazione del 41%

Dichiara sempre il tuo conto trading per evitare sanzioni fiscali!

 

 

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7. Meno imposte sui Redditi di Capitale

Settima lezione di strategia fiscale:

Come risparmiare le imposte sui Redditi di Capitale

 

In questa settima lezione di strategia fiscale dedicata ai conti trading, vediamo come ottimizzare e risparmiare sulle imposte legate ai Redditi di Capitale. Prima di tutto, è importante chiarire cosa rientra in questa categoria.

 

Cosa sono i Redditi di Capitale?

Redditi di Capitale includono tutti i proventi derivanti da rendite finanziarie e dividendi di partecipazione. Nonostante il Fisco non fornisca una definizione specifica, questi redditi sono disciplinati dagli articoli 44 e 45 del TUIR.

Ecco le principali categorie di Redditi di Capitale:

  1. Interessi e altri proventi derivanti da conti correnti o conti depositi legati al trading.
  2. Cedole, ovvero interessi su obbligazioni o Titoli di Stato.
  3. Dividendi, cioè la parte dell’utile distribuito agli azionisti di una società.
  4. ETF armonizzati, ossia fondi d’investimento conformi alle direttive europee.

Tassazione dei Redditi di Capitale

I Redditi di Capitale sono generalmente soggetti a tassazione separata con un’aliquota del 26%. Vengono riportati nel quadro RM del Modello Redditi e non possono essere compensati con plusvalenze o minusvalenze, che vanno invece inserite nel quadro RT. Questa distinzione è fondamentale, poiché spesso si rischia di ignorare o confondere le due categorie.

Attenzione ai redditi esteri e al Regime Dichiarativo

Se si detiene un conto in un paese estero o si opera in Regime Dichiarativo, è obbligatorio dichiarare tutti i Redditi di Capitale. Anche se il conto chiude con una minusvalenza, potrebbero esserci proventi da dividendi o interessi che vanno tassati. È frequente che vengano imposte tasse su questi redditi anche a fronte di perdite finanziarie, poiché i Redditi di Capitale non possono mai essere compensati con i Redditi Diversi (quadro RT). Ad esempio, un dividendo di un’azione non può essere compensato con la minusvalenza dello stesso titolo.

Spostamento nel Quadro RL

Sebbene i Redditi di Capitale debbano essere dichiarati nel quadro RM, in alcuni casi potrebbe essere vantaggioso spostarli nel quadro RL del Modello Redditi Persone Fisiche. In questa lezione analizzeremo quando questa modifica può essere opportuna.

Ricordiamo che queste lezioni hanno solo scopo informativo e non costituiscono consulenza fiscale.

In questa settima lezione di ottimizzazione fiscale vediamo

Strategie per ridurre le imposte sui Redditi di Capitale

La strategia per ridurre le imposte è applicabile solo a specifici Redditi di Capitale, come interessi, cedole e ETF armonizzati. Non si può applicare la stessa strategia ai dividendi, che subiscono una doppia tassazione:

  1. Una prima imposta del 15% nel paese di origine, secondo i trattati contro la doppia imposizione.
  2. Una seconda imposta del 26% in Italia.

Tassazione ordinaria opzionale per interessi ed ETF armonizzati

Per gli interessi e gli ETF armonizzati, potrebbe essere conveniente optare per la tassazione ordinaria invece di quella separata. L’aliquota ordinaria varia dal 23% al 43% in base al proprio scaglione di reddito. Ad esempio:

  • Per redditi inferiori a 15.000 €, l’aliquota è del 23%, più bassa rispetto al 26% standard.
  • Se non si hanno altri redditi o si possiedono molte spese deducibili (mediche, assicurative, ristrutturazioni), potrebbe essere vantaggioso optare per la tassazione ordinaria per sfruttare appieno le detrazioni fiscali.

Come compensare le imposte

Nel caso in cui si abbiano numerose spese mediche o di ristrutturazione edilizia, queste possono essere utilizzate per compensare i Redditi di Capitale, riducendo notevolmente o azzerando l’imposta da pagare.

Se hai un conto CFD come Plus, ActivTrades o Vantage, questa strategia di può applicare solo sugli interessi perché questi broker non offrono veri ETF ma soltanto “CFD su ETF”. Se invece utilizzi Interactive Brokers o Trading212, non avrai problemi a trovare l’ETF che fa al caso tuo per applicare questa strategia!

Tieniti sempre aggiornato alle nostre strategie fiscali!

Affidati a Tasse Trading per la dichiarazione dei tuoi conti trading

 

 

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6. Sfruttare minusvalenze da criptovalute

ATTENZIONE – STRATEGIA VALIDA FINO AL 2022

A PARTIRE DAL 01.01.23 (REDDITI 2024) è CAMBIATA LA NORMATIVA FISCALE PER I CONTI CRIPTOVALUTE.

QUI SI RIPORTANO LE REGOLE RELATIVE ALLA TASSAZIONE DI CRIPTOVALUTE DEI REDDITI 2021 E PRECEDENTI.

PER I REDDITI 2024 SI RIPORTANO QUI  LE  REGOLE (link)

Apriamo la sesta lezione di strategie fiscali di un conto trading. Oggi vediamo come sfruttare le minusvalenze da criptovalute!

Si possono non pagare le tasse? Come evitare di pagare le imposte sulle criptovalute?

Nella lezione precedente, “non pagare imposte sulle criptovalute“, abbiamo visto la situazione in cui alla fine dell’anno si realizzano profitti derivanti dalle monete virtuali. Ma cosa succede se al posto dei profitti abbiamo perdite?

In questa sesta lezione di ottimizzazione fiscale vediamo come SFRUTTARE LE MINUSVALENZE DA CRIPTOVALUTE

Sia per i profitti che per le perdite da criptovalute si tengono in considerazione e si inseriscono in dichiarazione solo se la giacenza complessiva di tutti i depositi e conti correnti in valuta intrattenuti sia superiore a 51.645,69 euro​ per 7 giorni lavorativi consecutivi.

Al di sotto di tale soglia il risultato netto non rientra in dichiarazione.

E’ conveniente in caso di profitti non superare la soglia per non pagare imposte. Invece, nel caso opposto ovvero quando si hanno minusvalenze realizzate da valute potrebbe essere conveniente superare la soglia di €51.645,69 per poterle inserire in dichiarazione dei redditi. Solo inserendole in dichiarazione si potranno poi compensare con le plusvalenze (valutarie e finanziarie) da azioni, opzioni, futures, cfd, forex e altre valute ed eventualmente tenerle per i 4 anni successivi.

Come si pagano le tasse sulle criptovalute?

Ai fini fiscali le criptovalute sono equiparabili alle valute tradizionali, e si dovranno pagare le plusvalenze sulle criptovalute solo se si supererà il limite di €51.645,69 per 7 giorni lavorativi consecutivi.

Per le plusvalenze finanziarie non vi sono limiti.

Il calcolo delle plusvalenze o minusvalenze relative ad operazioni in criptovaluta deve essere fatto (e il risultato deve essere inserito in dichiarazione dei redditi con l’eventuale pagamento delle imposte dovute) solo se la giacenza complessiva di tutti i depositi e conti correnti in valuta intrattenuti sia superiore a 51.645,69 euro. Per il calcolo della giacenza complessiva devono essere sommati tutti i controvalori dei depositi e conti intrattenuti anche di valute diverse anche con differenti intermediari o brokers. Superata la soglia di giacenza per 7 giorni lavorativi consecutivi prevista bisogna inserire in dichiarazione la plusvalenza o la minusvalenza realizzata su tutte le operazioni dell’anno solare di riferimento della dichiarazione; se invece non si supera la soglia non bisogna dichiarare la plusvalenza e non si possono utilizzare le eventuali minusvalenze realizzate.

Rimani sempre aggiornato per evitare di pagare tasse sulle criptovalute!

 

 

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5. Non pagare imposte sulle criptovalute

ATTENZIONE – STRATEGIA VALIDA FINO AL 2022

A PARTIRE DAL 01.01.23 (REDDITI 2022) è CAMBIATA LA NORMATIVA FISCALE PER I CONTI CRIPTOVALUTE.

QUI SI RIPORTANO LE REGOLE RELATIVE ALLA TASSAZIONE DI CRIPTOVALUTE DEI REDDITI 2021 E PRECEDENTI.

PER I REDDITI 2023 SI RIPORTANO QUI LE NUOVE REGOLE (link)

Due lezioni fiscali interamente dedicate alle criptovalute: come non pagare imposte sulle criptovalute in maniera legale?

Le criptovalute sono uno strumento finanziario molto vantaggioso a livello fiscale poiché è possibile e assolutamente legale non pagare imposte sulle plusvalenze da criptovalute (entro determinati limiti).

Normalmente, per quasi tutti gli strumenti finanziari vi è un’aliquota del 26% sulle plusvalenze finanziarie. Ovvero alla fine dell’anno se il conto presenta un profitto (derivante da azioni, opzioni, futures, cfd, forex, ecc.) si deve versare l’imposta del 26%.

Come funziona invece per la tassazione delle criptovalute?

La normativa fiscale italiana non si è ancora adeguata al mondo delle criptovalute pertanto non vi sono ancora norme specifiche. L’agenzia Entrate ha quindi classificato le valute virtuali, ovvero le criptovalute al pari delle valute tradizionali.

La conseguenza di questa decisione che paragona le criptovalute a delle valute tradizionali presuppone che il calcolo delle plusvalenze o minusvalenze relative ad operazioni in criptovalute deve essere fatto (e il risultato deve essere inserito in dichiarazione dei redditi con l’eventuale pagamento delle imposte dovute) solo se la giacenza complessiva di tutti i depositi e conti correnti intrattenuti sia superiore a 51.645,69 euro​ per 7 giorni lavorativi consecutivi

Si dovranno pagare le plusvalenze sulle valute solo se si supererà il limite di €51.645,69. Questa soglia è valida solo per le criptovalute ma non per le plusvalenze finanziarie dove invece non vi sono limiti.

Come si fa a calcolare la giacenza in valuta?

1. Il controvalore in euro delle criptovalute si calcola sulla base del cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento, ossia il cambio del 1° gennaio dell’anno nel quale si verifica la cessione;
2. La soglia di giacenza di euro 51.645,69 riguarda tutti i depositi e conti correnti intrattenuti dal contribuente.

In questa quinta lezione di ottimizzazione fiscale vediamo come NON PAGARE IMPOSTE SULLE CRIPTOVALUTE

Abbiamo visto che se si mantiene una giacenza di valute inferiore alla soglia di €51.645,69 non si conteggeranno eventuali plusvalenze o minusvalenze in dichiarazione dei redditi.

Se durante l’anno si realizzano profitti sulle criptovalute potrebbe essere utile prestare particolare attenzione alla propria giacenza in valuta.

Allo stesso modo, se il conto presenterà minusvalenze derivanti dalle criptovalute e non si supera la soglia, non verranno conteggiate nella dichiarazione dei redditi e non potranno compensare le altre plusvalenze (derivanti dagli altri strumenti finanziari).

Per quanto concerne le perdite derivanti dalle criptovalute abbiamo individuato un’altra strategia fiscale che vedremo nella prossima lezione

 

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4. Recupero detrazioni fiscali

Come compensare i redditi da trading con le detrazioni fiscali?

Si apre la quarta strategia di ottimizzazione fiscale

 

I profitti derivanti da trading possono essere utilizzati per detrazioni fiscali?

Prima di rispondere a questa domanda dobbiamo distinguere la varie tipologie di redditi derivanti dall’attività di trading:

    • Profitti da azioni, opzioni, futures, cfd, forex, valute: Redditi Diversi – tassazione separata del 26%
    • Profitti da ETF armonizzati, cedole, dividendi e interessi: Redditi di Capitale – tassazione separata del 26%
    • Profitti da ETF non armonizzati: Redditi Ordinari – tassazione ordinaria

Questa premessa è fondamentale per spiegare la quarta lezione di strategie fiscali.  Gli unici strumenti che possono essere utilizzati per recuperare le detrazioni fiscali sono le plusvalenze da ETF non armonizzati.

In questa quarta lezione di ottimizzazione fiscale vediamo come RECUPERARE LE DETRAZIONI FISCALI

 

Le plusvalenze da ETF Non armonizzati vanno a tassazione ordinaria

Puoi detrarre spese mediche, assicurative, di ristrutturazione, ecc. compensandole con PLUSVALENZE da ETF NON ARMONIZZATI

 

Gli ETF devono sempre essere valutati singolarmente ad ogni chiusura di trade:

  1. Le minusvalenze da ETF vanno dichiarate come redditi diversi e possono compensare altri redditi diversi quali le azioni, opzioni e futures.
  2. Le plusvalenze da ETF andranno dichiarate come redditi di capitale (ETF armonizzati) o come redditi ordinari (ETF non armonizzati).

Gli ETF non armonizzati vanno a tassazione ordinaria e vengono tassati in base allo scaglione di reddito di appartenenza (dal 23% al 43%).

I proventi derivanti da ETF non armonizzati vengono sommati agli altri redditi (lavoro autonomo, dipendente, affitti…). Si possono utilizzare per detrarre le varie spese (esempio spese mediche, assicurative, per ristrutturazione, ecc.), se i redditi a tassazione ordinaria non compensano interamente le detrazioni. Chiudendo plusvalenze da ETF non armonizzati si recuperano le detrazioni.

Attenzione, questa strategia non può funzionare per chi investe in “CFD” su ETF (ad esempio, tramite piattaforme come Vantage, AvaTrade o un Plus500), ma solo con broker che offrono investimento in ETF veri come Interactive Brokers, Trading212 o DeGiro.

Può essere conveniente investire in ETF non armonizzati per due motivi:

    • Finendo a tassazione ordinaria vengono tassati in base all’aliquota dello scaglione di reddito di appartenenza

SCAGLIONI DI REDDITO

Fino a €15.000 → 23%
Da €15.001 a €28.000 → 25%
Da €28.001 a €50.000 → 35%
Oltre €50.001 → 43%

Se non si detengono redditi al di sopra di €15.000 l’aliquota è del 23% (al di sotto di quella del 26% presente per tutti gli altri redditi).

    • Se si detengono molte spese, come ad esempio spese mediche, assicurative o di assicurazione ma allo stesso tempo non si detengono abbastanza redditi per compensarle potrebbe essere convivente investire in ETF NON ARMONIZZATI. Le plusvalenze di questi strumenti andranno in compensazione con queste spese e diminuiranno o talvolta azzereranno le imposte da pagare.

 

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*I contenuti della presente pagina non costituiscono consulenza fiscale e i contenuti non possono sostituire la consulenza individuale di esperti per i singoli casi concreti

 

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3. Non perdere minusvalenze

Terza lezione di strategia fiscale trading:

Come trarre vantaggio dalle minusvalenze nei conti trading

 

In questa terza lezione ci concentreremo sull’importanza delle minusvalenze nei conti trading e su come utilizzarle al meglio per ottenere vantaggi fiscali.

Proseguiamo con le nostre strategie fiscali per i trader, che mirano a ottimizzare la tassazione e ridurre l’impatto fiscale. Come già visto, le imposte sono inevitabili, ma si possono adottare tecniche che ne riducono l’impatto sul proprio conto trading.

Le prime tre lezioni di questa guida fiscale si concentrano su strategie che bilanciano profitti e perdite.

Bilanciamento di profitti e perdite nelle prime lezioni

Prima lezione: “Bilanciare le plusvalenze” – Qui abbiamo sottolineato l’importanza di analizzare la situazione del proprio portafoglio, chiudendo eventuali posizioni in perdita per ridurre le plusvalenze e ridurre le tasse da pagare a fine anno.

Seconda lezione: “Bilanciare le minusvalenze” – Abbiamo valutato la situazione opposta, ovvero la chiusura di posizioni in profitto per ridurre le minusvalenze e prolungarne la scadenza.

L’importanza delle minusvalenze

In questa terza lezione vedremo perché è fondamentale non sottovalutare la scadenza delle minusvalenze per ridurre il carico fiscale sul proprio conto trading.

Perché sono così importanti le minusvalenze?

Devo dichiarare le minusvalenze?

Se il conto trading è in perdita devo comunque dichiararlo?

In regime dichiarativo non è obbligatorio dichiarare le minusvalenze, ma se non si inseriscono nel Modello Redditi si perde il vantaggio di poterle compensare con le plusvalenze successive entro 4 anni, per questo motivo è preferibile dichiararle soprattutto in un’ottica di continuità dell’attività di trading. Anche se decidi di non inserire le minusvalenze in dichiarazione, sarà comunque obbligatorio dichiarare il conto, se estero, nel quadro RW per il monitoraggio fiscale e il pagamento dell’IVAFE.

Quattro concetti fondamentali da ricordare

  1. Le imposte si pagano sulle plusvalenze realizzate, al netto delle minusvalenze realizzate.
  2. Per realizzare una plusvalenza o una minusvalenza è necessario chiudere una posizione aperta.
  3. In regime dichiarativo, i conteggi fiscali si effettuano dal 1° gennaio al 31 dicembre.
  4. È fondamentale valutare la propria situazione del portafoglio prima della fine dell’anno per ottimizzare la tassazione.

In questa terza lezione di ottimizzazione fiscale vediamo come

NON PERDERE LE MINUSVALENZE

 

Le MINUSVALENZE durano 4 anni

se correttamente inserite in dichiarazione dei redditi

Non fare scadere le minusvalenze senza utilizzarle

Le minusvalenze hanno una durata di 4 anni per poter essere compensate con le plusvalenze. Decorsi questi 4 anni se non utilizzate, scadranno.

Minusvalenze e regime amministrato

Le minusvalenze possono derivare anche da conti in regime amministrato ma solo nei seguenti due casi:

  1. Trasformazione del conto in regime dichiarativo: questo avrà validità a partire dal 01.01 dell’anno successivo
  2. Chiusura del conto in regime amministrato: avrà validità da subito.
Verrà rilasciata dall’Istituto una certificazione (certificazione ai sensi dell’art. 6 comma 5 D.Lgs. 461/97) che attesta le minusvalenze (con relative scadenze) che potranno poi essere inserite in dichiarazione dei redditi per compensare plusvalenze in regime dichiarativo. Solo con questa certificazione ufficiale è possibile utilizzare la minusvalenza.

Come procedere quando le minusvalenze rischiano di scadere?

Per coloro che hanno realizzato negli anni precedenti minusvalenze o sono in possesso della certificazione delle minusvalenze realizzate con conti in regime amministrato estinti (cd. zainetto fiscale) e tali minusvalenze rischiano di scadere senza essere utilizzate, come è conveniente procedere?

Sicuramente non è ottimale fare scadere le minusvalenze senza utilizzarle, pertanto è opportuno verificare se si detengono posizioni aperte con plusvalenze teoriche. In caso affermativo è opportuno chiudere posizioni in plusvalenza latente. Nella prossima dichiarazione dei redditi risulterà una plusvalenza che verrà compensata con le minusvalenze precedenti, ovvero non si pagheranno imposte sulle plusvalenze e non si perderanno le minusvalenze.

Esempio pratico

Situazione al 31.12 

→ Certificazione di minusvalenze (derivante da un conto in regime amministrato estinto): -5.000 
→ Plusvalenze teoriche (non chiuse): +5.500 

Se le minusvalenze scadono nell'anno è conveniente chiudere €5.000 di plusvalenze
per non perdere le minusvalenze e per non pagare imposte sui profitti.

 Per sfruttare le minusvalenze per la tua dichiarazione

 

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*I contenuti della presente pagina non costituiscono consulenza fiscale e i contenuti non possono sostituire la consulenza individuale di esperti per i singoli casi concreti

 

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2. Bilanciare le minusvalenze

Seconda lezione di strategia fiscale sui conti trading:

Come bilanciare le minusvalenze

 

In questa seconda lezione di strategie fiscali sui conti trading, esploriamo come trarre vantaggio dalle perdite da trading. Se nella prima lezione ci siamo concentrati su come bilanciare le plusvalenze, in questa trattiamo la situazione opposta: cosa fare quando le minusvalenze realizzate superano le plusvalenze, e allo stesso tempo ci sono posizioni aperte in profitto.

 

Perché sono importanti le minusvalenze?

Le minusvalenze giocano un ruolo cruciale nella gestione fiscale del tuo portafoglio. Ma cosa si può fare quando si è in perdita? E perché è così importante prestare attenzione a queste perdite? In questa lezione risponderemo a queste domande e ti spiegheremo come bilanciare le minusvalenze con le plusvalenze.

Quattro concetti fondamentali

Prima di proseguire con la strategia, è essenziale avere chiari alcuni concetti base:

  1. Le imposte vengono pagate sulle plusvalenze realizzate al netto delle minusvalenze.
  2. Per realizzare una plusvalenza o una minusvalenza è necessario chiudere una posizione.
  3. In regime dichiarativo, i conteggi fiscali vengono effettuati dall’1 gennaio al 31 dicembre.
  4. Per ottimizzare la tua tassazione, è utile valutare la situazione del portafoglio prima della fine dell’anno.

In questa seconda lezione di ottimizzazione fiscale vediamo

BILANCIARE LE MINUSVALENZE

 

Se prima della fine dell’anno

Il portafoglio è in MINUSVALENZA (realizzata)

e si hanno POSIZIONI APERTE CON PLUSVALENZE NON REALIZZATE

Potrebbe essere conveniente CHIUDERE queste PLUSVALENZE LATENTI

così facendo potrai posticipare il termine di scadenza della minusvalenza

 

Le minusvalenze eccedenti, se inserite nella dichiarazione dei redditi, possono essere compensate con le plusvalenze realizzate nei 4 anni successivi. Pertanto compensarle con le plusvalenze e non farle emergere in dichiarazione fa si che non gli venga attribuito un termine. Questo concetto lo chiariremo maggiormente nella prossima lezione.

Esempio pratico

Vediamo un esempio per chiarire la strategia, ad esempio su un conto eToro oppure per chi investe in criptovalute nel exchange Binance:

Situazione a fine anno

→ Plusvalenze realizzate: +1.000
→ Minusvalenze realizzate: -5.000
→ Plusvalenze teoriche (non chiuse): +3.000

Se non effettui nessuna operazione entro il 31 dicembre, non pagherai imposte, poiché i 1.000 € di plusvalenze realizzate verranno compensati con le minusvalenze di 5.000 €. Porterai così in dichiarazione 4.000 € di minusvalenze, che scadranno tra quattro anni.

Cosa potrebbe essere conveniente fare?

Chiudendo le plusvalenze latenti per un valore di 3.000 €, riuscirai ad azzerare il risultato netto, evitando così di pagare imposte e riducendo allo stesso tempo le minusvalenze da dichiarare. Questo ti permetterà di utilizzare 1.000 € di minusvalenze l’anno prossimo e nei successivi quattro anni. In questo modo, non attribuirai un termine alle perdite e ottimizzerai la tua situazione fiscale.

Non ti è chiara la strategia? 

 

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