Guida completa alla Tassazione degli ETF in Italia: Normative, Aliquote e Modalità di Dichiarazione

Settembre 17, 2024

Gli Exchange Traded Funds (ETF) sono strumenti finanziari molto diffusi tra gli investitori grazie alla loro diversificazione e facilità di gestione. Tuttavia, la tassazione di questi strumenti in Italia varia in base al tipo di ETF (armonizzati o non armonizzati) e al regime fiscale scelto dall’investitore. In questo articolo esploreremo la tassazione degli ETF, come dichiarare correttamente le plusvalenze e minusvalenze e come Tasse Trading Srl può supportarti nella gestione della dichiarazione dei redditi.

Cosa sono gli ETF e come funzionano?

Gli ETF sono fondi comuni d’investimento negoziati in borsa, che replicano l’andamento di un indice di mercato, come il FTSE MIB o il S&P 500. Sono strumenti molto apprezzati dagli investitori per la loro capacità di offrire un’ampia diversificazione a costi contenuti. Gli ETF possono generare due tipi di reddito:

  1. Dividendi: derivanti dalle attività sottostanti dell’ETF, come azioni o obbligazioni.
  2. Plusvalenze: derivanti dalla vendita delle quote del fondo a un prezzo superiore rispetto all’acquisto.

Tassazione degli ETF armonizzati (UCITS) e non armonizzati

Una distinzione fondamentale per la tassazione degli ETF è tra ETF armonizzati e non armonizzati.

ETF armonizzati (UCITS)

Gli ETF armonizzati, regolati dalla normativa europea UCITS (Undertakings for Collective Investment in Transferable Securities), seguono rigide regole di trasparenza e tutela degli investitori. Dal punto di vista fiscale:

  • Plusvalenze: Le plusvalenze realizzate dalla vendita di ETF armonizzati sono considerate redditi di capitale e tassate al 26%. Queste plusvalenze vanno dichiarate nel quadro RM del Modello Redditi Persone Fisiche, come stabilito dall’Art. 44, comma 1, lett. g) del TUIR.
  • Minusvalenze: Le minusvalenze derivanti dalla vendita di ETF armonizzati devono essere riportate nel quadro RT (redditi diversi) e possono essere utilizzate per compensare plusvalenze da altri redditi diversi (es. vendita di azioni, obbligazioni, derivati) entro quattro anni.
Regime amministrato per ETF armonizzati

Per gli ETF armonizzati, gli investitori possono scegliere il regime amministrato, dove l’intermediario (banca o broker) funge da sostituto d’imposta, applicando automaticamente la ritenuta alla fonte del 26% sulle plusvalenze. In questo caso, l’investitore non è tenuto a dichiarare autonomamente le plusvalenze nel Modello Redditi, poiché l’intermediario si occupa della tassazione.

ETF non armonizzati

Gli ETF non armonizzati, non regolati dalla normativa UCITS, seguono un regime fiscale diverso. Dal punto di vista fiscale, questi ETF sono tassati in modo meno favorevole rispetto a quelli armonizzati:

  • Plusvalenze: Le plusvalenze derivanti dalla vendita di ETF non armonizzati devono essere dichiarate nel quadro RL del Modello Redditi e sono soggette alla tassazione ordinaria IRPEF. Le aliquote IRPEF per il 2024 sono le seguenti:
    • Fino a 15.000 euro: 23%
    • Da 15.001 a 28.000 euro: 25%
    • Da 28.001 a 50.000 euro: 35%
    • Oltre 50.000 euro: 43%

    Per gli ETF non armonizzati, l’intermediario applica una ritenuta d’acconto, ma l’investitore è comunque tenuto a dichiarare correttamente la plusvalenza nel quadro RL e pagare l’eventuale differenza d’imposta.

  • Minusvalenze: Le minusvalenze da ETF non armonizzati vanno inserite nel quadro RT e possono essere utilizzate per compensare altre plusvalenze derivanti da redditi diversi entro quattro anni.

Come calcolare le plusvalenze sugli ETF secondo la normativa fiscale italiana

Il calcolo delle plusvalenze sugli ETF si basa sulla differenza tra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto delle quote. Per gli ETF, il metodo del costo medio ponderato è il utilizzato per determinare il prezzo di acquisto.

Le plusvalenze sugli ETF armonizzati vanno dichiarate nel quadro RM con un’aliquota fissa del 26%, mentre le plusvalenze sugli ETF non armonizzati devono essere dichiarate nel quadro RL e sono tassate con le aliquote IRPEF ordinarie.

Regime fiscale per gli investimenti in ETF esteri: IVAFE e altre imposte

Gli investitori che detengono ETF in un conto trading estero devono considerare anche l’IVAFE (Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie all’Estero), che corrisponde al 2 per mille annuo sul valore degli strumenti finanziari detenuti all’estero. Questa imposta va dichiarata nel quadro RW del Modello Redditi.

Compensazione tra plusvalenze e minusvalenze sugli ETF

Le plusvalenze sugli ETF armonizzati devono essere dichiarate nel quadro RM, mentre le minusvalenze vanno inserite nel quadro RT e possono essere utilizzate per compensare altre plusvalenze da redditi diversi. Tuttavia, non è possibile compensare direttamente le plusvalenze e minusvalenze derivanti dagli ETF armonizzati nello stesso quadro.

Per quanto riguarda gli ETF non armonizzati, le plusvalenze devono essere inserite nel quadro RL e sono tassate secondo le aliquote IRPEF, mentre le minusvalenze possono essere riportate nel quadro RT per compensare altre plusvalenze da redditi diversi.

Come Tasse Trading Srl può aiutarti con la tassazione degli ETF

La tassazione degli ETF, specialmente se detenuti in un conto estero in regime dichiarativo può diventare complessa. Tasse Trading Srl offre un servizio di supporto per la compilazione del Modello Redditi precompilato, aiutando gli investitori a dichiarare correttamente le plusvalenze e le minusvalenze derivanti dai conti trading.

Grazie ai nostri esperti fiscali, puoi evitare errori nella dichiarazione e metterti in regola con il fisco, garantendo una corretta gestione della tassazione dei tuoi investimenti. Contattaci per ricevere assistenza personalizzata tramite chat, telefono o email: i nostri consulenti sono pronti a fornirti tutte le informazioni necessarie sul nostro servizio.

Consigli per ottimizzare la tassazione sugli ETF

Ecco alcuni consigli utili per ridurre il carico fiscale sugli investimenti in ETF:

  1. Scegliere ETF armonizzati (UCITS): Gli ETF armonizzati beneficiano di una tassazione agevolata al 26% e una gestione più semplice delle plusvalenze e minusvalenze.
  2. Compensare le minusvalenze: Le minusvalenze sugli ETF possono essere utilizzate per compensare plusvalenze da altri redditi diversi entro quattro anni. Assicurati di riportarle correttamente nei quadri RT e nella sezione V.
  3. Valutare il regime fiscale: Se detieni ETF non armonizzati, considera il tuo scaglione IRPEF e pianifica attentamente gli investimenti per evitare di incorrere in aliquote troppo elevate.
  4. Sfruttare il regime amministrato per ETF armonizzati: Se non vuoi gestire la dichiarazione autonomamente, scegli il regime amministrato per gli ETF armonizzati, dove l’intermediario si occupa della tassazione.
  5. Dichiarare correttamente gli ETF esteri: Ricorda di dichiarare l’IVAFE per gli ETF.

 

 

 

Lista Paesi White List

Febbraio 3, 2024

Elenco dei Paesi White List per Investimenti Esterni: Garanzia di Trasparenza e Scambio di Informazioni

 

L’elenco dei paesi inclusi nella cosiddetta “white list”, ovvero la lista bianca, rappresenta quelle giurisdizioni riconosciute per il loro elevato standard di trasparenza e cooperazione nello scambio di informazioni finanziarie con l’Italia. Tale lista è definita dal Decreto Ministeriale del 4 settembre 1996, con successive modifiche, e include oltre 120 paesi che soddisfano i criteri richiesti per garantire un’adeguata condivisione di dati finanziari a scopi fiscali.

Quali Paesi Sono Inclusi nella White List Italiana?

Questi paesi, definiti da un decreto del Ministero delle Finanze italiano, si impegnano a garantire uno scambio di informazioni finanziarie che rispetta alti standard internazionali di compliance. L’appartenenza a questa lista si traduce in benefici diretti per gli investitori, in termini di minori obblighi di monitoraggio fiscale sugli investimenti detenuti in tali giurisdizioni. Questo elenco viene aggiornato annualmente per riflettere le nuove adesioni o eventuali esclusioni basate sulla reale collaborazione nello scambio di dati.

Vantaggi Fiscali e Semplificazioni Legate alla White List

Essere parte della white list significa che una giurisdizione offre garanzie sufficienti riguardo allo standard di scambio di informazioni finanziarie con l’Italia, facilitando una maggiore compliance internazionale. Questo status contrasta direttamente con le cosiddette “black list”, elenchi di paesi considerati non collaborativi sotto il profilo dello scambio di informazioni e della trasparenza fiscale, che comportano maggiori oneri e controlli per gli investitori.

Differenze Tra Paesi White List e Black List

La distinzione tra paesi della white list e quelli della black list risiede principalmente nella loro capacità di garantire trasparenza e cooperazione nello scambio di informazioni finanziarie. Mentre i paesi della white list soddisfano gli standard richiesti, quelli della black list vengono identificati come non collaborativi, influenzando così la gestione degli investimenti esteri e le decisioni relative alla residenza fiscale.

Trasparenza Internazionale e Scambio di Informazioni: Un Obiettivo Globale

La trasparenza e lo scambio di informazioni hanno acquisito importanza cruciale nell’ambito fiscale internazionale, con iniziative come la FATCA negli Stati Uniti e lo standard CRS dell’OCSE che mirano a migliorare la cooperazione globale. L’Unione Europea ha seguito questa tendenza, adottando normative che ampliano la cooperazione amministrativa e lo scambio di dati, segnando un passo importante verso una maggiore trasparenza fiscale a livello mondiale.

Semplificazioni per gli Investitori: Il Quadro RW

Grazie all’inclusione in questa lista, per gli investitori si aprono semplificazioni specifiche nella compilazione del quadro RW, parte della dichiarazione dei redditi italiana, relativo al monitoraggio delle attività finanziarie detenute all’estero. La partecipazione in società estere residenti in paesi della white list richiede la sola indicazione del valore e della percentuale di partecipazione, a differenza di quanto necessario per i paesi non inclusi, dove si richiede un dettaglio maggiore.

In conclusione, l’appartenenza alla white list di un paese offre vantaggi significativi sotto il profilo della trasparenza fiscale e della semplificazione degli adempimenti per gli investitori, rafforzando il contesto internazionale di cooperazione e scambio di informazioni.

 

 

 

 

Il Tuo Conto eToro e l’Imposta Cripto

Febbraio 3, 2024

Il Tuo Conto eToro e l’Imposta sulle Cripto Attività

A seguito della nostra recente comunicazione riguardante l’imposta cripto, abbiamo ricevuto numerose domande da parte dei clienti con conto eToro, in particolare:
Queste sono questioni rilevanti e, per questo motivo, desideriamo offrire alcuni chiarimenti essenziali su tre concetti finanziari: l’Imposta di Bollo, l’IVAFE e l’Imposta Cripto.
  • Imposta di Bollo: Questa imposta è a carico dell’intermediario italiano per i rapporti finanziari detenuti in Italia.
  • L’IVAFE Imposta di Bollo: Questa imposta è a carico dell’intermediario italiano per i rapporti finanziari detenuti in Italia.
  • L’imposta cripto: Funziona in modo simile all’IVAFE ma è applicata alle criptovalute per le quali non è stata versata l’imposta di bollo in Italia.
imposta di bollo cripto etoro
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Imposta di bollo, IVAFE e Imposta Cripto Sono le tre imposte equivalenti?

Sì, benché la metodologia di calcolo differisca, tutte e tre le imposte mirano allo stesso scopo e prevedono un’aliquota dello 0,2% sul valore delle attività, calcolato in base al periodo di possesso.

Se possiedo un conto eToro, devo pagare sia l’IVAFE che l’Imposta Cripto? 

– La risposta è sì se detieni sia criptovalute che azioni o contanti. Tuttavia, l’importo totale da pagare non sarà la somma delle due imposte: il nostro software specifico calcolerà l’imposta cripto dovuta sulle tue cripto-attività e l’IVAFE sul valore residuo delle altre attività finanziarie.Per ulteriori informazioni, ti invitiamo a visitare il nostro sito web o a contattarci tramite chat dal lunedì al venerdì, dalle 09:00 alle 18:00, per assistenza sul servizio e sulla fiscalità relativa al tuo conto eToro.

 

 

 

SANATORIA CRIPTOVALUTE: L’ISTANZA DI EMERSIONE

Febbraio 3, 2023

COME REGOLARIZZARE LE PROPRIE CRIPTO-ATTIVITA’ AGLI OCCHI DEL FISCO

 

La legge di bilancio 2023, in vigore dal 1° gennaio 2023, ha introdotto la possibilità, per il contribuente, di regolarizzare la propria posizione fiscale, relativamente al possesso di monete virtuali, attraverso l’istituto dell’istanza di emersione (per tutte le altre novità introdotte consulta il nostro articolo).

Infatti, ai contribuenti che non hanno dichiarato il possesso di cripto-attività fino al 31/12/2021 e che non possono utilizzare il sistema del ravvedimento operoso per integrare/modificare le dichiarazioni, la nuova normativa permette di presentare una particolare istanza (istanza di emersione) al fine di sanare la propria posizione col Fisco italiano.

Le strade possibili da percorrere per regolarizzare le cripto

E’ utile fare subito un distinguo in merito alle strade che il contribuente può percorrere: se un contribuente non ha dichiarato le sue cripto-attività e non ha mai presentato alcuna dichiarazione anche di altri eventuali redditi posseduti (es. non ha mai presentato la dichiarazione 730, quindi il caso di omessa dichiarazione) per regolarizzare la sua posizione ha soltanto una via obbligata: presentare l’istanza di emersione.

Al contrario, se un contribuente non ha dichiarato le sue cripto-attività ma ha presentato una dichiarazione dei redditi (es. dichiarazione 730), per far emergere la detenzione delle sue cripto, potrà presentare l’istanza di emersione oppure presentare le dichiarazioni integrative con il ravvedimento operoso. 

L’istanza di emersione

Fatta questa necessaria premessa, passiamo a vedere nel dettaglio l’istituto dell’istanza di emersione.

Il comma 138 all’articolo 1 della Legge 197/2023 recita che “i soggetti che non hanno indicato nella propria dichiarazione annuale dei redditi le cripto-attività detenute entro la data del 31 dicembre 2021, nonché i redditi sulle stesse realizzati, possono presentare istanza di emersione secondo il modello approvato con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate”. E’ prevista la dicitura “possono” perché, come abbiamo scritto in premessa, il contribuente potrebbe decidere di percorrere la via del ravvedimento operoso laddove avesse presentato una dichiarazione dei redditi.
Si segnala che l’Agenzia delle entrate ancora non ha provveduto a pubblicare il modello col quale presentare l’istanza.

Due possibili scenari per far emergere le proprie cripto al Fisco

Statuito ciò la norma contempla due scenari: il contribuente che ha realizzato redditi e colui che, invece, non ha realizzato redditi o plusvalenze.
Nel caso in cui non siano state realizzate plusvalenze, il legislatore offre la possibilità di regolarizzarsi presentando l’istanza e contestualmente versare, a titolo di sanzione per l’omessa indicazione, lo 0.5% per ciascun anno sul valore finale delle attività non dichiarate (comma 139).

Alternativamente, per chi ha realizzato plusvalenze si potrà sanare la propria posizione relativamente alla detenzione di criptovalute presentando l’istanza e congiuntamente versare un’imposta sostitutiva nella misura del 3.5% del valore delle attività detenute al termine di ciascun anno, o al momento del realizzo, e una sanzione pari allo 0.5% per ciascun anno del predetto valore (quindi un 4% complessivo). Si evidenzia come la norma sia poco chiara sulla quantificazione del valore sul quale si dovrà eventualmente andare a pagare il 4% (es. se sono da considerare anche i prelievi effettuati o meno). Sarà il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate a indicare contenuto, modalità, termini di presentazione e modalità di attuazione dell’istanza (comma 141).

Rimaniamo in attesa fiduciosi che suddetto provvedimento possa sciogliere i dubbi ad oggi ancora presenti.
Non appena avremo maggiori informazioni saremo in grado di poterti aiutare.

 

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