Fino al 2022, la tassazione delle criptovalute era legata alla soglia di €51.645,69 di giacenza per 7 giorni consecutivi. Se superata, le plusvalenze erano tassate e le minusvalenze potevano essere compensate con altri strumenti finanziari (azioni, opzioni, futures, CFD, forex). Se la soglia non veniva superata, non si pagavano imposte, ma non era possibile compensare le minusvalenze. La normativa è cambiata dal 2023, quindi queste regole valgono solo per i redditi 2021 e precedenti. Per i redditi 2024, consultare le nuove disposizioni fiscali.
5. Non pagare imposte sulle criptovalute
Fino al 2022, le criptovalute erano equiparate a valute tradizionali ai fini fiscali, con tassazione sulle plusvalenze solo se la giacenza complessiva superava €51.645,69 per 7 giorni consecutivi. Sotto questa soglia, non si pagavano imposte e le minusvalenze non potevano essere compensate. Il calcolo della giacenza avveniva in base al cambio del 1° gennaio. Questa strategia consentiva di evitare legalmente la tassazione monitorando il valore delle proprie criptovalute. La normativa è cambiata dal 2023, quindi queste regole valgono solo per i redditi 2021 e precedenti. Per i redditi 2023 e successivi, consultare le nuove disposizioni fiscali.
2. Bilanciare le minusvalenze
Le minusvalenze da trading possono essere compensate con le plusvalenze realizzate per ridurre o azzerare l’imposta da pagare. Se a fine anno si possiedono minusvalenze realizzate e plusvalenze latenti, potrebbe essere vantaggioso chiudere le posizioni in profitto per compensare le perdite e posticipare la scadenza delle minusvalenze. Infatti, le minusvalenze non utilizzate scadono dopo 4 anni. Questa strategia è particolarmente utile in regime dichiarativo per chi opera su eToro, Binance e altri broker, permettendo di ottimizzare la tassazione e gestire al meglio le proprie perdite nel tempo.